Latino alle medie, Bibbia alle elementari e scrittura a mano.
Sono soltanto alcune delle novità contenute nel decreto-legge che introduce le Nuove Indicazioni Nazionali (i nuovi programmi) per le scuole elementari e medie a partire dall’anno scolastico 2026-2027.
Una Riforma che fa discutere quella del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).
Per questo il quotidiano on line Tiburno.Tv ha intervistato gli addetti ai lavori, registrando le opinioni di presidi da una parte e studenti dall’altra.
La Professoressa e Avvocata Maria Cristina Berardini è Dirigente scolastica dell’Istituto tecnico “Alessandro Volta” di Tivoli e da settembre 2024 è reggente anche del Liceo Scientifico “Lazzaro Spallanzani”.
– Ritiene formativo inserire l’opzione del Latino facoltativo in seconda e terza media anche per gli alunni che sceglieranno un Istituto secondario superiore in cui non si insegna il Latino?
“Assolutamente sì.
Da più parti, anche da nostri ex alunni che sono dei tecnici, mi è arrivata la notizia secondo cui in America se nel curriculum non hai il Latino ti scartano e preferiscono altri. Né gli ingegneri, né i tecnici.
Il Latino è importante non perché devi sapere declinare “Rosa, Rosae”, ma perché la popolazione ha dimenticato l’importanza culturale dell’apertura mentale del Latino.
Latino e anche Greco sono una palestra, quindi sono assolutamente più che favorevole”.
– Come considera l’inserimento dello studio della Bibbia per rafforzare le conoscenze delle radici della cultura italiana?
“Per me è superfluo. Io credo di essere cattolica praticante anche da una vita, ma la Bibbia non l’ho mai letta. E’ una questione educativa che spetta alla famiglia.
I nostri ragazzi frequentano per 4 anni il catechismo, direi che sono sufficienti.
Questa proposta per me è forse più negativa che positiva”.
– Non crede che sia opportuno inserire lo studio delle Religioni Comparate (Islam, Buddhismo, Induismo, Shintoismo)?
“In realtà già lo fanno, nel senso che i docenti di Religione non insegnano Religione da tempo immemore perché non sono più sacerdoti quindi insegnano la Storia delle Religioni e fanno delle comparazioni.
Quindi istituzionalizzarla forse sarebbe opportuno”.
– Ritiene che l’insegnamento della Geo-Storia negli ultimi 15 anni sia stato utile?
“No, nella maniera più assoluta. Gli studenti non sanno né la Storia né la Geografia Geografia non la sanno proprio più perché usano gli iPhone e i Navigatori e tutte le tecnologie disponibili.
Il problema è che il Navigatore gli dice di seguire a Sud-Est, ma loro non sanno dove sta Sud-Est. Non sanno neanche dove stanno Nord, Sud, Est e Ovest: i punti cardinali.
Quindi assolutamente no, la Geo-Storia è stata una devastazione.
Venga ripristinata la Geografia, fisica nonché politica, e poi la Storia: secondo me mescolarle è stato deleterio. Quindi se le ridividono è meglio: concordo col ministro”.
– Ritiene utile tornare allo studio di testi “a memoria”?
E perché?
“La memorizzazione già dalle scuole elementari è importantissima, ad esempio con la classica poesia. Bisogna allenarla la memoria. I nostri ragazzi oggi vivono in un mondo virtuale e digitale, dove hanno pochissima necessità di dispendio di energie cerebrali perché accendono l’iPhone, il cellulare o il computer e hanno tutto a portata di mano in tempo reale.
Quindi non sentono il bisogno di sforzarsi su certi temi.
Per cui sarebbe opportuno, non dico imparare a memoria fino a “Il Sabato del Villaggio” di Leopardi, però i primi anni sì, vanno allenati nella memoria. Ma questo non significa dover tornare alla storia nozionistica.
In Storia non è importante dire quando è morto Napoleone piuttosto che quando c’è stata la battaglia di Waterloo, ma sapere individuare a grandi linee chi era Napoleone e cosa è successo a Waterloo è necessario: quella è cultura.
Quindi, no al nozionismo e reinserimento di un po’ di esercizi di memoria soprattutto nelle classi di scuola media fino al massimo al primo superiore.
Poi i ragazzi non lo fanno più perché lo ritengono un esercizio assolutamente inutile. Dalle elementari e alle medie fino a 14 anni in primo superiore li puoi obbligare, ma arrivati in seconda e in terza ti rispondono: “Ma che è ‘sta cosa? Io non la imparo la poesia a memoria, non mi interessa”.
Oramai siamo a questi livelli, a tu per tu…
Però allenargli la memoria sì, perché non la esercitano più né visiva, né geografica, né storica, ed è un grosso problema.
Quanto alla comprensione del testo la memoria non c’entra.
Io sono convinta che la Riforma andrebbe fatta sul personale docente, perché i nuovi arrivati in alcuni casi sono disastrosi: non è neanche colpa loro, ma della scuola e dell’università che hanno vissuto, non hanno minimamente idea di come funzioni una scuola, una classe, un alunno, la diversità dei ragazzi, le metodologie diverse da applicare: la scuola è un lavoro ad personam, non si può lavorare con la classe.
All’interno della classe hai 30 teste una diversa dall’altra e devi entrarci, perché se non ci entra il docente non viene appresso niente. Questo è fatica, tanta fatica, ecco perché un insegnante lavora 18 ore alla settimana: perché 18 ore di insegnamento non sono come 18 ore in ufficio, sono molto più pesanti.
Però i giovani insegnanti di oggi pensano di sapere le materie e di ripeterle: essere un bravo docente non significa sapere bene la materia. E’ tutt’altra cosa”.
– La Riforma prevede più Musica e più Sport: secondo Lei, le scuole hanno gli spazi adeguati per implementare le discipline di studio?
“Assolutamente no, molte scuole non hanno proprio la palestra. Io sono reggente al Liceo scientifico Spallanzani e per l’indirizzo sportivo ho dovuto prendere accordi con la piscina comunale agli Arci perché gli studenti non hanno una palestra degna di questo nome. Per cui frequentano l’indirizzo sportivo, ma tante discipline non le possono svolgere.
Quindi, se fanno gli spazi benvenga: è solo una questione di soldi. Quanto intendono investire su questa Riforma?
Perché le nozze coi fichi secchi non si possono fare, sennò sarebbe splendido”.
– Come si combatte l’ “analfabetismo di ritorno”?
“Per me l’analfabetismo di ritorno è quando i ragazzi vengono iscritti allo Scientifico e i genitori si riempiono la bocca dicendo che il figlio va al liceo. Poi dopo un anno li bocciano e vengono all’Istituto tecnico: io li chiamo analfabeti di ritorno perché poi prendono delle tranvate all’Istituto tecnico Alessandro Volta che la metà gli basta.
Quindi se è questo, non ha senso perché non esistono scuole di Serie A e di Serie B, bisogna sempre vedere come si fa la scuola.
Tre anni fa mio figlio ha partecipato al concorso in Magistratura finito su tutti i giornali: c’erano i futuri magistrati che hanno scritto “ha” senza acca, “cioè” senza accento, “fa” con l’accento: errori di ortografia gravi, persone per il 90 per cento uscite da un Liceo Classico, che però non sanno più scrivere.
Perché? Perché non leggono.
Perché non leggono? Perché hanno Internet, cosa gli interessa di leggere.
Anche noi lo avremmo fatto, non do mica la colpa ai ragazzi.
Se io mi devo sforzare per studiare Medea di Euripide o a fare esegesi delle fonti, me ne vado su Internet, leggo tutta la storia e già sto un bel pezzo avanti, salvo poi che trovo anche le traduzioni in tempo reale con studenti.it.
Pure all’Esame di Stato funziona così, nonostante vengano ritirati i telefoni. Ma tanto i ragazzi ne hanno sette, gliene sequestri due e ne hanno altri 5, quindi vanno al bagno e copiano la versione.
Sono dei furbi che i genitori neppure se lo sognano: questo è positivo perché hanno sviluppato una capacità di uscirsene da tutti i problemi.
Però se a questi ragazzi viene tolto il telefonino, sono morti.
Non sanno niente”.
– Un voto alla proposta di Riforma da zero a dieci.
“Per quel poco che ho letto dai giornali, darei un 9”.