TIVOLI - Denunciati dalla vicina per stalking razziale: assolti padre, madre e figlio

La 49enne marocchina smentita in aula: aveva chiesto un risarcimento di 100 mila euro

Ai carabinieri prima e ai magistrati poi ha raccontato di essere stata tormentata per tre anni dai vicini di casa a causa del colore della sua pelle.

Ma in aula il suo racconto è stato in parte smentito e in parte non confermato.

Per questo mercoledì 19 novembre il Tribunale di Tivoli ha assolto i coniugi Carla D., 59 anni, ed Elio M., 64 anni, insieme al loro figlio Luca M., 26 anni, dall’accusa di stalking aggravato dallo stato di gravidanza, dalla discriminazione e dall’odio etnico e razziale nei confronti di una 49enne cittadina marocchina.

Il giudice Teresa Antonella Garcea ha rigettato la richiesta di condanna da parte della Procura di Tivoli a 2 anni di reclusione per ciascuno dei tre imputati, condividendo invece la tesi degli avvocati Mirko Mariani ed Eleonora Malizia.

Il fascicolo della vicenda processuale fu aperto in seguito alle tre denunce presentate dalla 49enne il 20 giugno 2017, il 4 agosto 2017 e il 14 giugno 2018 presso la caserma dei carabinieri di Zagarolo da parte della 49enne che all’epoca abitava al piano terra di un villino bifamiliare in cui al primo piano viveva la famiglia incriminata.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti padre, madre e figlio nel corso degli anni avrebbero molestato, offeso e minacciato la vicina di casa ingenerando nella donna un grave e perdurante stato di ansia e di paura.

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Tra gli innumerevoli episodi raccontati, c’era quello avvenuto il 13 gennaio 2016 in cui Carla D. avrebbe bussato alla porta di casa della donna mostrandole un cartello in lamiera e urlando: “Quando trovo questo cartello qua la prossima volta te lo metto nel culo”.

Stando a quanto riferito dalla 49enne marocchina, più volte Carla D. l’avrebbe avvicinata per molestarla rivolgendole accuse pretestuose tra cui quelle di sbattere porte e finestre e di fare rumori molesti.

La 59enne le avrebbe inoltre rivolto espressioni gravemente offensive quali “straniera di merda”.

Frasi che a dire della denunciante avrebbero utilizzato anche Elio M. e Luca M. Il 31 maggio 2018 il 64enne si sarebbe affacciato alla finestra, mentre la donna stendeva i panni nel giardino in compagnia della figlia minore, dicendo: “Marocchina di merda, terrorista, ci siamo stufati, tu non avrai mai pace con noi”.

Nella stessa giornata il figlio Luca M. avrebbe offeso nuovamente la donna con frasi tipo “Terrorista, sei soltanto una cornuta” per poi sputarle sui piedi.

Stando sempre alle denunce della 49enne marocchina, il primo giugno 2018 Elio M. e la moglie Carla D. passando davanti al portone della casa della donna le avrebbero detto: “Marocchina di merda, terrorista, adesso andiamo a denunciarti”.

E non è finita.

Sempre a detta della querelante, il 10 giugno 2018 padre, madre e figlio sarebbero entrati nella proprietà della vicina urlando “Straniera di merda, terrorista, torna al tuo paese, non ti vogliamo tra noi”, “Se non te ne vai, vedrai cosa succede”, “Te la dovrai vedere con noi”.

A luglio 2018 Carla D., affacciandosi alla finestra della camera da letto e notando la vicina mentre annaffiava il giardino, avrebbe rincarato: “Marocchina, terrorista di merda, devi andare via”.

Infine il 4 settembre 2018 Elio M. si sarebbe abbassato i pantaloni davanti alla 49enne, dicendole: “Ti piscio sopra, marocchina di merda”.

La parte offesa si è costituita parte civile nel processo e ha richiesto 100 mila euro di risarcimento e una provvisionale di 50 mila.

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“All’esito del dibattimento – spiegano gli avvocati Mirko Mariani ed Eleonora Malizia – le dichiarazioni della presunta parte offesa sono risultate non veritiere soprattutto rispetto alle aggressioni del 26enne.

La ricostruzione è stata ribaltata.

Attraverso i certificati medici depositati e la relazione dei carabinieri intervenuti è stato dimostrato che era stato il ragazzo ad aver riportato danni fisici e non il contrario.

I testi citati non hanno confermato neppure la circostanza secondo la quale il 4 settembre 2018 il 64enne si sarebbe abbassato i pantaloni.

Erano i nostri assistiti ad essere oggetto di stalking, tant’è che da Zagarolo si sono trasferiti a Rocca Priora pur lavorando a Roma e alla fine sono stati costretti a svendere l’abitazione”.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 60 giorni.

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