“Non ho fatto i compiti perché ieri papà mi ha picchiato. E non era la prima volta”.
L’incubo giudiziario è iniziato con le rivelazioni alle maestre ed è finito dopo 5 anni di processo grazie anche alla testimonianza dei genitori affidatari, anche loro accusati ingiustamente dal ragazzino.
Il ragazzino lo chiameremo Alessandro (il nome è di fantasia), oggi ha 16 anni, ha vissuto gran parte della sua vita in casa famiglia, cresciuto insieme alla sorellina maggiore in una zona popolare di Guidonia Montecelio, tolto ai genitori biologici per varie vicissitudini.
Un vissuto doloroso.
I suoi racconti di quando aveva soltanto 11 anni hanno trascinato il padre naturale sul banco degli imputati con l’accusa peggiore per un genitore, ma dopo decine di udienze Alessandro è risultato inattendibile.
Per questo ieri, mercoledì 17 settembre, il Tribunale di Tivoli ha assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di maltrattamenti sul figlio minore E. B., 55 anni, italiano residente a Guidonia Montecelio.
Il Collegio presieduto da Sergio Umbriano – a latere i giudici Matteo Petrolati ed Eugenio Gagliano – ha respinto la ricostruzione della Procura di Tivoli e la richiesta di condanna dell’imputato alla pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione, condividendo invece la tesi del difensore dell’imputato, l’avvocato Mirko Mariani di Tivoli.
Secondo l’accusa, tra luglio 2019 e gennaio 2020 l’uomo avrebbe maltrattato il figlio con violenza fisica, intimidazione, umiliazioni e minacce, anche davanti alla sorella maggiore, pure lei minorenne.
Un clima di terrore che avrebbe creato nel ragazzino una condizione di soggezione psicologica e di timore continuo per la propria incolumità personale.
Le indagini iniziano a dicembre del 2019 a seguito della segnalazione della scuola.
Da giugno Alessandro è tornato ad abitare sotto lo stesso tetto del padre separato, da dove era stato portato via tempo prima dai Servizi sociali per essere trasferito in casa famiglia.
Ma a dicembre 2019 il bambino, che all’epoca ha 10 anni, racconta alla maestra di non aver fatto i compiti a casa perché il giorno prima il padre lo avrebbe picchiato anche utilizzando un mestolo estratto dall’acqua bollente.
Dichiarazioni choc non suffragate da prove evidenti.
Il ragazzino mostra le braccia, ma l’insegnante si rende conto che non è visibile alcun segno della violenza raccontata.
Pur nutrendo dubbi sulla veridicità del racconto, la maestra segnala il caso.
La vicenda si complica quando il bambino riferisce anche ad altre insegnanti di presunti maltrattamenti da parte del genitore, in particolare di calci e pugni inferti sulla testa, sulle braccia e sulle gambe.
Ma anche in quel caso, nessun segno evidente.
Fatto sta che la Procura di Tivoli apre un fascicolo, nei confronti dell’uomo viene applicata la misura cautelare del divieto di avvicinamento al figlio, Alessandro viene ancora una volta trasferito in casa famiglia insieme alla sorellina maggiore e il genitore 55enne finisce sul banco degli imputati.
Durante il dibattimento sono stati ascoltati come testimoni le maestre, la zia paterna, il padre di un amico del bambino che insieme a lui aveva trascorso l’estate 2019.
L’avvocato Mirko Mariani ha prodotto anche documentazione fotografica, relativa al periodo trascorso insieme al padre, ritraente Alessandro sorridente e senza segni dei presunti maltrattamenti da parte del genitore.
Decisiva la testimonianza resa da parte di una coppia benestante di 50enni di Latina alla quale il Tribunale per i Minorenni nel 2020 aveva affidato per circa un anno sia Alessandro che la sorellina maggiore.
L’uomo, un noto imprenditore, e la donna hanno riferito al Tribunale di Tivoli di aver accolto i due fratellini in casa nei fine settimana, per alcuni giorni in occasione delle festività natalizie e nell’estate del 2021.
Fu proprio la vacanza nella villa con piscina a Latina a spingere la coppia a rinunciare all’affidamento di Alessandro e della sorellina.
A scoprirlo è stato l’avvocato Mirko Mariani che ha citato l’imprenditore e la compagna come testimoni nel processo penale a Tivoli per dimostrare la completa inattendibilità del 16enne.
La coppia ha rivelato ai giudici che durante la permanenza a Latina Alessandro accusò falsamente di maltrattamenti anche la sorellina e la madre affidataria.
In particolare, il bambino – che all’epoca aveva 12 anni – raccontò che la sorella lo avrebbe voluto strangolare, mentre la madre affidataria avrebbe manifestato l’intenzione di affogarlo nella piscina di casa.
L’imprenditore ha raccontato al Tribunale che la versione di Alessandro era smentita dalle immagini del sistema di videosorveglianza interno alla villa.
Le telecamere hanno infatti ripreso il bambino mentre simulava un auto-strangolamento durante il litigio con la sorella e successivamente accusava la ragazzina dell’aggressione e delle lesioni inferte autonomamente.
Stando sempre alla testimonianza del 53enne imprenditore di Latina, i video hanno inoltre acclarato che un giorno di agosto 2021 la mamma affidataria era a bordo piscina insieme ad una nipotina di circa 3 anni che non sapeva nuotare, mentre Alessandro giocava immergendosi sott’acqua.
Dopo le raccomandazioni della mamma affidataria, il ragazzino iniziò a sostenere che la donna avrebbe voluto affogarlo.
La coppia di Latina ha riferito ai giudici di aver deciso a quel punto di aver rinunciato all’affido per timore di un eventuale procedimento penale a proprio carico e di aver riportato Alessandro e la sorellina maggiore in casa famiglia.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni.