Un regolamento del Comune per arginare gli impianti a biomasse

il comitato popolare contro gli impianti nocivi di Fonte Nuova, Sant’Angelo Romano e Guidonia Montecelio. Sono tre le richieste arrivate dai privati alla Provincia per realizzare impianti da 990 kWp ognuno in località Capaldino, a pochi metri dal centro abitato di Santa Lucia, ma sul territorio di Guidonia Montecelio. Tramite motori diesel dovrebbero bruciare olii vegetali come quello di colza, di palma e di cocco.
A proporre il regolamento durante la prima assemblea della settimana prima a Santa Lucia e durante il consiglio comunale di mercoledì 19 era stato il capogruppo del Pd Agostino Durantini, che aveva già elaborato una proposta sulla falsariga di quello adottato dal comune di Fara Sabina.
Idea raccolta e condivisa anche dal presidente della commissione Sanità Claudio Floridi. «Lo porteremo al più presto in consiglio comunale per l’approvazione – ha spiegato – ma prima voglio sottoporlo al dirigente e condividerlo. Faremo tutto il possibile, perché questo territorio è stato martoriato per anni e noi dobbiamo fare qualcosa per impedirlo».
Alla commissione ha partecipato anche l’assessore all’Ambiente Elisa Loguercio che nei giorni precedenti aveva raccolto informazioni presso la Provincia di Roma. «Intanto ho appreso che l’Anas ha chiesto di rispettare la fascia di salvaguardia di 30 metri dall’autostrada e pertando gli impianti verranno arretrati e dovrebbero diventare due – ha spiegato – non sarà facile opporsi, perché sono già state fatte due conferenze dei servizi e non sono emersi ostacoli alla realizzazione degli impianti che non sono sul nostro territorio comunale e pertanto non siamo stati invitati a partecipare. Purtroppo c’è una legge nazionale che regolamenta i parametri e il rischio è quello di fare la fine delle antenne per la telefonia, dove abbiamo presentato e perso una serie di ricorsi al Tar, ma la legislazione che conta è quella nazionale sui regolamenti comunali».
Proprio l’esperienza delle antenne è stata citata da Mauro Paganelli, altro consigliere Pd che ha partecipato. «Scriviamo nel regolamento che vanno rispettati i parametri di legge – ha detto – ma poi chi viene a fare i controlli? E chi ci dice che tra qualche anno si dismette l’impianto a biomassa e si inizia a bruciare di tutto»?
Sono arrivati preparatissimi i membri del comitato che hanno allegato agli atti della commissione una serie di proposte, oltre al decreto regio del 1934 che individua la distanza degli impianti in un chilometro e mezzo dalle singole case e 3 chilometri dai centri abitati.
«Riguardo all’inquinamento, localizzato per un raggio di 15 chilometri, una cospicua quantità di polveri finissime PM10 e PM2,5 verranno disperse nell’atmosfera – ha spiegato la portavoce del comitato Donatella Ibba – Tra i numerosi composti che si generano dalla combustione di tali impianti sono presenti: idrocarburi policiclici aromatici (IPA) tra cui i famosi benzopirene e benzene; aldeidi, che sono composti organici ossigenati di alta reattività e potenziale nocività, in particolare formaldeide, acroleina e acetaldeide. Tutti hanno registrato aumenti da un minimo del 140% fino all’800% rispetto al gasolio.
La gravità è che questi composti non sono regolamentati, ovvero la legge non ne fissa i limiti e quindi permette agli interessati di “ignorarli” con buona pace dei nostri polmoni».

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