Assecondando il suo desiderio di magnificenza, Nerone si fece costruire a Roma, limponente Domus Aurea, una residenza che si estendeva su tre colli della Capitale e della quale oggi non restano che alcune parti sopravvissute alla distruzione successiva alla morte dellImperatore.
Il biografo latino, Svetonio scrive che nella Domus Aurea, Nerone fece incanalare le acque albule direttamente dalla sorgente di Tivoli, per usufruirne degli effetti terapeutici. Oltrechè per la predilezione per le benefiche acque tiburtine, Nerone apprezzava particolarmente il nordest romano anche per la bellezza dei luoghi che gli permettevano di evadere e concedersi agi e riposo lontano dalla calura estiva e dalle incombenze politico-sociali che animavano la capitale.
Fu così che Nerone decise di edificare, già prima della Domus Aurea, unaltra imponente villa nellattuale territorio del comune di Subiaco. Anche di questo vasto complesso residenziale oggi non restano che ruderi, i quali, tuttavia, bastano a testimoniare la grandiosità di un progetto architettonico in linea con la personalità megalomane dellimperatore.
La villa sublacense di Nerone, presumibilmente, si estendeva su una superficie di circa 75mila ettari, su di unarea boschiva tra i monti Taleo e Francolano che lambisce il fiume Aniene. Questultimo venne intercettato in più parti attraverso dighe che crearono nei pressi della residenza dei laghetti artificiali, i cosiddetti Simbruina Stagna, lideale per i bagni freddi cui limperatore doveva sottoporsi per problemi di salute.
Oltre ai laghi, nella villa di Nerone erano presenti altri spazi come padiglioni, terrazze e bagni, dislocati nei vari settori della residenza, tutte strutture che dovevano garantire il miglior riposo al sovrano. Verosimilmente fu proprio in uno di queste strutture che, stando alle cronache dellepoca, verso il 60 d.c., si abbatté un fulmine proprio mentre Nerone stava banchettando. Limperatore interpretò il fatto come un nefasto presagio sul futuro e, pertanto, decise di abbandonare la residenza sublacense in maniera definitiva.
Nonostante un tentativo di conservarne gli ambienti, avviato durante il regno dellimperatore Traiano, la villa andò incontro a una progressiva e inevitabile decadenza nei secoli avvenire. Attualmente i ruderi rimasti lungo la strada che conduce a Jenne sono di nuovo visitabili dal pubblico in seguito agli interventi di restauro completati dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio nel gennaio 2016.
Alessandro Bianchi