Laura Cartaginese, candidata alla Regione Lazio per Stefano Parisi: “Sicurezza, Sanità e Lavoro: così rilancio il territorio”

 

Schermata 2018-02-27 a 22.24.53 Mettere in campo strumenti per favorire l’occupazione, agevolando le imprese nelle nuove assunzioni, investire negli ospedali del territorio per un rilancio della sanità e garantire la sicurezza nel Nordest. Sono punti al primo posto nel programma elettorale della giovane imprenditrice tiburtina Laura Cartaginese, laureata in giurisprudenza e candidata alla Pisana con Forza Italia, partito per cui ricopre la carica di coordinatrice cittadina, capogruppo e consigliere comunale a Tivoli.

– Un bilancio sulla sua campagna elettorale. Dove la chiuderà?

E’ stata una fantastica esperienza vissuta insieme all’amico Adriano Palozzi, con cui mi pregio di collaborare. In queste settimane ho potuto toccare con mano i problemi della gente, che ha bisogno soltanto di fiducia e serenità, di qualcuno che voglia e sappia prendersi a cuore le loro preoccupazioni, anche solo per sviluppare in prospettiva delle normative regionali che consentano di aiutarli. Chiuderemo la campagna elettorale venerdì 2 marzo a Bagni di Tivoli dove ho vissuto la maggior parte della mia vita, nella sala Meeting di via del Barco 7, sarà una festa con musica, buffet e animazione per bambini. Interverranno, in quella occasione, molti amici come Francesco Aracri, Maurizio Gasparri, Alessandra Mussolini, Adriano Palozzi, Giorgio Simeoni e il nostro candidato presidente, Stefano Parisi.

– Su quali temi punta principalmente la sua coalizione per la Regione Lazio?

La nostra coalizione punta da sempre sui temi essenziali che possano garantire tranquillità e serietà alle famiglie del nostro Paese: Sicurezza, sanità e lavoro.

– di sicuro è stata una campagna elettorale che ha fatto rotta notevolmente verso il tema della sicurezza e dell’immigrazione. Tema, purtroppo, d’attualità sul nostro territorio con particolare riferimento ai fatti di Albuccione balzati alle cronache nazionali. C’è una emergenza rom nel nostro hinterland? E’ una integrazione impossibile secondo lei?

Seguendo il modello spagnolo, dove il 92% dei rom vive in appartamenti e case normali, e addirittura la metà risultano proprietari di casa, mentre il 50% risultano regolarmente impiegati, credo che nulla sia impossibile. Ma questo approccio si basa su uno studio accurato delle esigenze sociali, ove vanno applicate misure parallele, per correggere gli svantaggi di partenza, e tutelare non solo gli stranieri, ma anche e soprattutto noi italiani nel nostro Paese. Quindi per quanto mi riguarda, prima di tutto gli italiani e la sicurezza degli italiani. Tutto questo consentirebbe di perseguire un obiettivo di normalizzazione e non di segregazione, che porta ad una incontrollata ribellione sociale di cui le cronache sono purtroppo piene.

– Il centrodestra è in ripresa, lo sottolineano soprattutto i dati nazionali. Secondo lei perché?

Il centrodestra sta dimostrando nei suoi programmi sensibilità e attenzione per il cittadino, collocandolo al centro di un progetto di crescita globale: a cominciare da una attenzione maggiore alle scuole, dalle materne fino all’università, per continuare con le strutture sanitarie pubbliche, affogate da utenze in continua crescita numerica, fino ad un processo di autentico approfondimento culturale sull’ambiente che formi le nuove generazioni con consapevolezza del proprio contesto sociale, responsabilizzando tutti a preservare il territorio e il verde che ci circonda. Il desiderio di un cambiamento in meglio rispetto all’ultimo quinquennio fornisce poi l’impulso decisivo nell’alimentare il cittadino di quel senso di rivalsa che trova terreno fertile nei programmi e nelle idee del centrodestra.

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– L’ospedale di Tivoli in questi giorni è stato scenario di numerose passerelle elettorali. Lei prima di essere una politica è una cittadina tiburtina. Come consigliera regionale quali interventi farebbe?

Non ho bisogno di una passerella nell’ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli per venire a conoscenza della situazione. Lo vivo sulla pelle mia e della mia famiglia tutti i giorni, senza bisogno di entrarvi con un codazzo di persone e dispensando falsi sorrisi ai pazienti che soffrono o ai medici che lavorano in costante emergenza. Il problema vero dell’ospedale di Tivoli e’ la mancanza di investimenti, di una politica di programmazione a media e lunga scadenza. Questo lo rende una struttura medica carente sotto molteplici aspetti. Il personale che è presente da anni e da anni fa un lavoro fantastico se si considerano le condizioni di costante emergenza in cui operano, avrebbe bisogno di maggiore aiuto, non solo con risorse economiche, ma soprattutto professionali. Con una presenza maggiore della Regione Lazio sul territorio, grazie a fondi e iniziative continue, e come detto, con una programmazione attenta, sarà possibile prevenire disagi nelle utenze e insofferenze nel personale.

– Entrando nello specifico della struttura sanitaria, com’è lo stato dei reparti e del personale? Quali le carenze?

Come già detto il personale medico va soltanto elogiato per quel che sta facendo in uno stato di costante emergenza. Detto questo, penso al reparto di emodinamica nuovo di zecca ad esempio, non sfruttato appieno per mancanza di personale e costato oltre 3 milioni di euro; e contemporaneamente alle tante proteste e assemblee sindacali cui si è assistiti davanti al San Giovanni Evangelista (ma non solo, penso ad esempio al Pertini di Roma) da parte degli addetti alle pulizie. Non c’è serenità nella gestione di un nosocomio così grande e importante. Lo stesso Zingaretti non ha fatto altro che tagliare i posti letto, il personale medico e paramedico, lasciando i malati sulle barelle nelle corsie degli ospedali. Non è certo questa una soluzione. Poi ci si meraviglia che la cronaca porti alla ribalta vicende imbarazzanti consumate all’interno delle strutture sanitarie pubbliche.

– Passando all’ambiente, si è alzata una sollevazione popolare contro il Tmb dell’Inviolata di Guidonia. Abbiamo un reale bisogno di questi impianti? Qual è la sua posizione circa la chiusura del ciclo dei rifiuti?

Anzitutto diciamo che l’obiettivo deve essere necessariamente quello di arrivare a chiudere il ciclo dei rifiuti a zero waste, ossia zero rifiuti e zero impatto ambientale. Un impianto di trattamento meccanico-biologico come quello di Guidonia, ad esempio, tratta a freddo i rifiuti indifferenziati o residuali dopo la raccolta differenziata, quindi vuol dire che da questa non si può prescindere. La digestione anaerobica e il compostaggio degli stessi deve servire ad arrivare al nostro obiettivo primario, separando la frazione umida, ossia l’organico da bioessicare, da quella secca come carta, plastica, vetro e inerti. Ma la soluzione resta sempre quella di una raccolta differenziata porta a porta, complicata, dispendiosa, impegnativa, dove occorre insegnare il ciclo dei rifiuti ai cittadini, dare loro gli strumenti, culturali e non, per arrivare ad avere una visione nuova del proprio ambiente, mettendoli al centro del progetto.

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– I giovani chiedono occasioni e lavoro. E le imprese sono in difficoltà ad assumere, nonostante le numerose leggi sulla flessibilità che si sono succedute. Quali strumenti può mettere in campo la Regione?

Se grazie alle nuove normative il mercato del lavoro è flessibile, dobbiamo fare in modo che non lo siano le garanzie e le tutele. Occorre applicare una “flexsecurity”, un connubio virtuoso tra flessibilità e sicurezza, intesa quest’ultima come sicurezza sociale, con sostegno al reddito nei periodi di non lavoro e sicurezza occupazionale nel trovare lavoro. Ma certamente una rigida legislazione non fa diminuire la disoccupazione, bisogna garantire un ponte stabile tra scuola e lavoro: un nuovo approccio alla didattica, rivolto a tutti gli studenti dell’ultimo anno che prevede un percorso di orientamento utile ai ragazzi nella scelta cui saranno costretti una volta terminato il percorso di studio. La Regione Lazio dovrà però integrare queste direttive con le esigenze dei giovani che si affacciano al mondo post adolescenziale. Non bisogna chiedere loro di rinunciare ai propri interessi, ma farli stare con i piedi per terra e adattarsi alle richieste del mercato del lavoro. Però’ attenzione, ci tengo a precisare che la Regione dovrà anche impegnarsi in favore delle persone che non sono più giovani con progetti di riqualificazione professionale. Il compito dell’ente Regione deve quindi essere quello di agevolare, favorire e orientare questa delicata fase con finanziamenti e percorsi formativi professionali, come accade nei paesi del Nord Europa, con tassi di disoccupazione prossimi allo zero.

– Perché i cittadini dovrebbero dare fiducia a Laura Cartaginese?

Perché una burocrazia troppo vecchia sta rallentando e soffocando il nostro Paese. Perché ritengo che ai giovani vadano date più opportunità, lavorative, professionali e decisionali. Perché è inaccettabile che alcuni candidati al consiglio regionale stiano correndo in questi giorni per un terzo o addirittura quarto mandato, in taluni casi venendo da esperienze parlamentari o europee: vuol dire che già per dieci o quindici anni hanno esercitato la loro politica in Consiglio regionale, vuol dire che hanno avuto tutto il tempo per tentare l’applicazione dei propri programmi, e se non ci sono riusciti, devono far posto a chi ha voglia di provare una strada nuova, con un approccio diverso, magari più impattante grazie ad un know how basato su una comunicazione “smart 2.0”. Occorre spezzare quel doppio filo che li lega a persone, aziende, testate giornalistiche, con legami cementati da anni o decenni di frequentazioni. Salvo casi rari, queste persone non hanno più nulla da dare alla politica in termini di nuove idee, innovazione e cambiamento. Il loro grande patrimonio di esperienza lo potrebbero mettere a disposizione della società in maniera diversa, magari assumendo una posizione più defilata e supportando le nuove generazioni emergenti.

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