La dittatura del virus
Un decalogo ci accompagnerà per alcuni anni, almeno fino a quando la pandemia resterà solo (speriamo) un pallido e triste ricordo.
Oggi ci sentiamo un po’ più liberi, forse meno preoccupati, un po’più ottimisti ma saremo ancora accompagnati da molti obblighi e divieti che muteranno in maniera definitiva le nostre abitudini.
L‘obbligo delle mascherine, che nascondono visi ed emozioni, resterà in vigore sia all’aperto che al chiuso anche per chi ha ricevuto la seconda dose di vaccino.
Resterà sempre limitato, almeno fino a nuovo ordine, il numero di persone che si possono incontrare. Le cene con tavolate assordanti escono di scena, sostituite da tavoli e gruppetti separati.
I baci e gli abbracci degli incontri sono il nuovo tabù che impone nuovi costumi: gomiti e piedi per salutarci. In macchina niente più ammucchiate: solo il guidatore e due passeggeri sul sedile posteriore. E guai a toccarci.
Le feste al momento saranno ammesse solo in rete. Battute, risate e commenti non saranno più corpo a corpo e se si desidera ballare, ci vorrà un po’ di fantasia per immaginare il classico mucchio selvaggio in discoteca.
Ma i cambiamenti detteranno i nostri ritmi anche nella sfera pubblica: le regole ci impongono di fissare appuntamenti e di ottenere servizi soltanto online. Per molti anziani sarà il problema dei problemi. L’assistenza fiscale e amministrativa funziona nei patronati ma le attese continuano ad essere infinite e diventeranno il disagio più grande.
Altri limiti riguarderanno le manifestazioni politiche e sportive: proteste e partecipazioni in piazza e negli stadi andranno in soffitta per qualche tempo.
Il virus non ammette eccezioni alle regole, in pratica siamo ancora sotto dittatura della pandemia.