Tutto ci si aspettava fuor ché un primo ministro tecnico e una ministra costituzionalista dovessero rendersi disponibili alla visita nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere dove i pestaggi, che ogni circuito televisivo ha trasmesso, hanno mosso grande indignazione generale. Era un incontro dovuto. Gli attori di questa visita hanno assicurato non essere la loro presenza rituale. Ma il dubbio che questi fatti siano cancellati con un colpo di spugna è più molto sentito. Difficile additare a responsabilità individuali astenendosi da una chiamata in correo a un sistema in cui si esercita sistematicamente la repressione, come quelle delle carceri.
Molto difficile essere repressivi, come in definitiva è un carcere, e in contempo essere anche tolleranti e disponibili, tanto più se le carceri vivono un sovraffollamento senza possibilità di risposte se non nell’alleggerimento delle misure cautelari e nella realizzazione di altre carceri.
Senza queste due risposte, ogni visita istituzionale appare di cortesia. Dubbia anche la vera solidità della solidarietà con le vittime. Si ricorda che il pestaggio che tanto ha toccato la sensibilità pubblica è avvenuto il 6 aprile del 2020 e che in conseguenza di quei fatto il precedente ministro Bonafede aveva risposto in Camera dei deputati parlando di semplice operazione di polizia interna al carcere.
Maria Cartabia non ha ancora riferito in Parlamento circa quanto è accaduto e sulle misure di prevenzione affinché non ci siano repliche. A 52 agenti sono arrivate le misure cautelari, quindi sono stati sospesi da provvedimento della ministra. Questo è quanto è dato da vedere nelle reazioni del governo a quanto è stato fatto – in periodo in cui (giova ripeterlo) questo governo non era in carica.
Va rilevato il fatto che quanto è avvenuto nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere è di pubblica conoscenza per il lavoro fatto da giornali e giornalisti. Le istituzioni, il governo, ancora non hanno fatto vedere niente.