I debiti di Roma

IN questa campagna elettorale si è parlato di tutto tranne di quanto la Capitale sia ancora esposta e come si intendano risolvere le pendenze debitorie in bilancio

Virginia Raggi dice che con lei ora Roma ha meno “buffi”. Sostiene che con lei i debiti della città siano diminuiti. Ma a leggere le relazioni dei revisori dei conti sono stati richiesti finanziamenti per 399,8 milioni. La grande metropoli pare non riesca a far a meno di indebitarsi. Va detto però che nel 2018 c’è stata una controtendenza. Non si è fatto nulla, quindi la paralisi decisionale non ha consentito si accendessero nuovi mutui.

Gli addetti alla revisione contabile danno la cifra del debito ordinario di Roma Capitale come aumentato di trecento milioni negli ultimi tre anni.

La relazione dell’organismo di revisione economico finanziaria (Oref) di Roma Capitale per il 2020 calcola un debito pari a 586 euro a cittadino romano, compresi i bambini. Sono soldi che si debbono alle banche. sull’indebitamento dell’ente. A fine 2021 la stima è che arrivi comodamente a seicento euro.

La massa passiva totale ha due nature, quella antecedente al 2008, che è di dodici miliardi complessivi, e quella successiva che ha superato i tre miliardi e mezzo. La prima fu affidata dal governo Berlusconi alla gestione commissariale. Ma sulla seconda la tendenza alla crescita è costante. L’unica vera certezza nella discontinuità amministrativa della città. Due miliardi settecento milioni fanno parte delle spese correnti. Ed è questo il passivo vero e proprio: spese effettuate, debiti non onorati.

“Bla bla bla” – l’espressione che Greta Thumberg ha sdoganato – si presta alla dialettica di questa campagna elettorale dove non si è detta una parola su come il clima della Capitale riuscirà ad essere più accettabile. L’argomento di Virginia è quello per cui lei ha già fatto il sindaco quindi ha esperienza e sa come si fa. L’argomento di Gualtieri consiste nel fare gli impianti. Quello di Calenda nel realizzare una mega-municipalizzata Ama e Acea. Michetti vuole rifarsi a Cesare Augusto ma dovrebbe citare Vespasiano: “pecunia non olent”.

C’è da pensare che in un sistema paese a regime controllato, grazie ai fondi europei che ci danno l’ossigeno per andare avanti, lo stesso succederà per la sua capitale che nel selezionare la sua classe dirigente non ha mai superato la prova di maturità. Ed ha troppi anni per continuare a farla ripetere.

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