La Biblioteca di Dante, ultimi restauri

La mostra aperta fino al 16 gennaio

Tre codici trecenteschi rimessi a “nuovo” ed inseriti nella grande mostra “La Biblioteca di Dante” aperta fino al 16 gennaio presso la sede dell’Accademia dei Lincei a Roma. Un’interessante operazione conservativa ha appena interessato tre importanti codici trecenteschi della Biblioteca Nazionale di Napoli, testi che coincidono con le tipologie di manoscritti che Dante potrebbe aver letto e studiato e che sicuramente hanno concorso alla sua formazione culturale: l’Etica di Aristotele [ms sec. XIV (prima metà)], le Lettere a Lucilio [ms sec. XIV (1310-1340)] e il Tresor di Brunetto Latini, il maestro di Dante, [ms sec. XIV (prima metà)] in copia dall’originale in francese. Saranno esposti nella mostra in corso fino al 16 gennaio al Palazzo Corsini di Roma, sede dell’Accademia dei Lincei, dedicata a “La ‘Biblioteca’ di Dante” insieme ad altri 70 capolavori, codici manoscritti.

Si tratta, riporta una nota della Biblioteca riferendosi ai codici restaurati, di testi fondamentali per la comprensione delle fonti dantesche. L’intervento conservativo è stato effettuato presso la biblioteca napoletana, grazie alle risorse messe a disposizione dell’Accademia Nazionale dei Lincei, che ha voluto assicurarne la presenza nella mostra in corso al Palazzo Corsini dedicata a “La ‘Biblioteca’ di Dante”.  Una mostra che indaga le conoscenze culturali di Dante allorché si accinge alla composizione della Divina Commedia e presenta per la prima volta tutte le opere citate da Dante nei suoi scritti.

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I CODICI

I tre codici provenienti dalla Biblioteca Nazionale di Napoli sono di indubbio interesse storico e filologico e circolavano in Italia ai tempi di Dante. Due dei manoscritti esposti provengono dal fondo Farnese, fondativo della Biblioteca Nazionale di Napoli, una collezione straordinaria messa insieme a metà 500 dal bibliofilo Fulvio Orsini per Alessandro Farnese, divenuto papa Paolo III, ricchissima di classici latini e greci.
Si tratta dell’Etica di Aristotele [Ms.VIII.G.25], un’opera fondamentale per comprendere la concezione filosofica e morale di Dante. Il manoscritto, è da ritenersi un classico specimen di codice di studio, riccamente postillato da studiosi letterati e riporta la traduzione in latino, effettuata direttamente dal greco, da Roberto Gossatesta, vescovo di Lincoln, tra il 1240 e il 1249. ll codice potrebbe essere stato in origine di proprietà di Fra Mariano da Firenze (1477-1523), dotto frate francescano, il convento richiamato potrebbe essere quindi Santa Maria degli Angeli di Firenze.
L’altro codice farnesiano è il capolavoro del maestro di Dante, Brunetto Latini: il Tresor [Ms. I. G.17]. Si tratta di uno dei pochissimi esemplari presenti nelle biblioteche italiane redatti secondo il testo originale, in francese. Brunetto Latini compose l’opera in Francia, durante l’esilio dal 1260 al 1267, in lingua d’oïl, con il titolo Li livres dou Tresor, si tratta di una vera propria enciclopedia medievale.
Il terzo manoscritto napoletano Ms. XIV. A. 37 contiene Le lettere a Lucilio di Lucio Anneo Seneca. Si tratta di un volgarizzamento in toscano ricco ed elegante dell’opera morale di Seneca, databile tra il 1320-1340 , e si rifà alla prima traduzione in una lingua moderna dal latino francese di qualche anno prima (1308 e il 1310) delle lettere di Seneca al suo discepolo. Il codice riveste particolare interesse perché presenta una miniatura attribuita da studi recenti alla bottega di Pacino di Bonaguida, importante pittore e miniatore italiano, di scuola giottesca, operante in Firenze a partire dal primo decennio del secolo XIV.
La mostra “La Biblioteca di Dante” – Palazzo Corsini, via della Lungara 10 a Roma – è aperta dal lunedì alla domenica ore 10-19, tranne il martedì. Fino al 16 gennaio. Ingresso 5 euro

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