GUIDONIA - Teatro, il Festival inizia con la vita e la musica di Gabriella Ferri

Intervista a Bruno Stanzione, 51 anni, attore, regista, conduttore, autore televisivo, storyteller in gara per il "Premio Corvo d'Oro"

di Dajana Mrruku

Domani, venerdì primo aprile, il sipario del Teatro Imperiale di Guidonia si aprirà per dare inizio alla dodicesima edizione del TeatroFestivalCittà dove 12 compagnie amatoriali e professionali presenteranno i loro lavori inediti per la conquista del “Premio Corvo d’Oro”.

Si parte con Bruno Stanzione che ci farà entrare nel mondo di Gabriella Ferri, famosissima cantautrice di musica leggera, conosciuta soprattutto per le interpretazioni di canzoni popolari romane e napoletane, ma non solo. Bruno, autore per Tv, radio, teatro, attore, regista e presentatore al “Puff” di Roma, attraverso uno storytelling molto particolare dal titolo “Te racconto… Gabriella Ferri” ci racconterà episodi inediti della vita dell’artista scomparsa il 3 aprile di 18 anni fa, un dietro le quinte per ricordare una donna che ha anticipato i tempi.

Essere un attore di teatro nel 2022 vuol dire essere un guerriero e Bruno Stanzione si dice pronto alla battaglia.

Come nasce Bruno Stanzione artista?

Ho cominciato nei villaggi turistici, ero il capo villaggio dell’azienda Marcanda e ho sempre fatto spettacolo. Sono partito come musicista, poi ho scoperto il teatro. Ho sempre voluto fare questo nella vita.

Da dove nasce il suo amore per il palcoscenico?

A casa si respirava molto l’amore per il teatro, a partire da mio zio che è attore di teatro, ma in generale parte della mia famiglia è nel settore artistico.

Perché partecipa alla dodicesima edizione del TeatroFestivalCittà di Guidonia?

Perché conosco molto bene la direttrice Anna Greggi e so che al Teatro Imperiale di Guidonia vanno in scena sempre ottimi lavori.

Può svelarci la trama del suo spettacolo, “Te racconto… Gabriella Ferri”?

È uno storytelling, quindi il racconto della vita. Ho avuto la possibilità di lavorare con i familiari di Gabriella Ferri e grazie a loro, alle loro confidenze e ai loro racconti più personali ho potuto ricostruire questo spettacolo raccontando in maniera dettagliata la storia di questa grandissima artista.

Sette anni fa ho dato vita ad un mio progetto di storytelling, dal nome “Chiedi chi erano”, culminato nell’omonimo programma televisivo in cui racconto i grandi personaggi. Questo è il mio sesto spettacolo. La prima volta mi sono esibito al Puff, ho avuto la possibilità di raccontare prima Lando Fiorini e ora questa grande icona della romanità che è Gabriella Ferri.

Perché ha scelto proprio Gabriella Ferri?

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Gabriella è un personaggio assolutamente straordinario, per l’importanza che ha all’interno del panorama musicale e televisivo. Ma soprattutto per la qualità della sua persona, della sua proposta artistica. Attraverso lo spettacolo voglio farla conoscere e farla rivivere perché lei non va dimenticata.

Cosa ha scoperto della persona Gabriella dietro al personaggio Gabriella Ferri? Ha conosciuto la sua vera anima?

Assolutamente sì. Molti conoscono Gabriella Ferri come grande cantante romana. In realtà la sua straordinarietà era a tutti i livelli. Lo spettacolo parla di una donna che aveva anticipato i tempi. È estremamente interessante. Grazie allo spettacolo ci sarà la possibilità di scoprire cose che in pochi sanno, come la sua notorietà in sud America, dove ha venduto più di 20 milioni di dischi. Lei era una grandissima performance, un’artista completa.

Come ho detto, ho conosciuto Gabriella tramite la sua famiglia che mi segue nei miei lavori al Puff, ha apprezzato molto la ricerca e lo spettacolo su Lando Fiorini e mi ha dato la possibilità di raccontare anche Gabriella. Ho lavorato sulle interviste, sui ricordi di lei. Ho lasciato da parte i libri per concentrarmi sulla persona.

Quale è la sua canzone preferita di Gabriella?

Sicuramente “Grazie alla vita” che racchiude perfettamente la sua anima. Io sono cresciuto con la sua voce, mia mamma è una grande fan e quando ha scoperto dello spettacolo ne era entusiasta.

Lei dice spesso che “Non c’è nessuna storia da raccontare se non c’è qualcuno disposto ad ascoltare”, a chi è indirizzato la sua opera?

Quest’opera è indirizzata a chiunque abbia amato Gabriella Ferri, ma anche ai giovani perché troveranno spunti molto belli e appassionanti. Gabriella va ricordata sempre perché tutti pensano che lei rappresenti la tradizione, ma lei era così avanti con i tempi. Lei diceva che Roma era il centro del Mediterraneo, ha esplorato la war music prima di tutti, è stata una grande cantante di fado, un genere musicale simile al blues portoghese. Gabriella era molto rocker!

Il suo progetto “Chiedi chi erano” è anche un programma televisivo: come e quando ha deciso di specializzarsi nello storytelling?

La passione per lo storytelling nasce da subito. Io sono diplomato in critica del giornalismo musicale, poi ho fatto il comico. Quando sono diventato grande ho unito le due passioni, la capacità di intrattenimento, la capacità di raccontare e una certa competenza che avevo. È nato per caso, con uno spettacolo sui Beatles.

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Come sceglie i personaggi dei suoi storytelling?

Sicuramente riverberano qualcosa in me. Raccontare il personaggio vuol dire non solo narrare la vita, ma anche tutto ciò che c’è intorno. Ho raccontato Michael Jackson, Freddie Mercury, i Beatles che facevano parte del mio percorso di studi, dei quali era stato in precedenza fan. Poi è diventato un meccanismo più professionale perché ogni settimana serviva un personaggio nuovo.

A quale artista raccontato da lei in “Chiedi chi erano” si sente più legato?

Sicuramente i Beatles con i quali è iniziato tutto.

Nel 2020 il programma di successo “A tutto Puff”, condotto da lei insieme ad Angelo di Palma, è sbarcato in radio e tv. Che differenze ha riscontrato tra il teatro e la televisione?

Sono due linguaggi completamente differenti. Io ho fatto tanta radio e mi sono trovato a dover modulare il mio linguaggio a seconda del mezzo. Il rapporto con il pubblico è importante, è tutto.

Cosa significa tornare a teatro dopo due anni di stop a causa della pandemia?

È una sensazione meravigliosa che spero di poter provare sempre di più perché mi è mancato molto. Io sono nato con il cabaret a teatro insieme ad Angelo di Palma, come due “Figli Unici” e siamo arrivati anche ad un buon livello.

Al TeatroFestivalCittà parteciperanno sia compagnie professionali che amatoriali. Che differenze pensa ci siano?

Si possono trovare bellissime voci anche nelle compagnie amatoriali. Essere professionista significa combattere nel migliorarsi costantemente e bisogna “camparci”. Le pressioni che si hanno quando lo si fa a livello professionista sono maggiori e bisogna prepararsi bene, studiando e cercando sempre di andare oltre.

Cosa significa essere un attore di teatro nel 2022? Che differenze ci sono con il teatro agli inizi della sua carriera?

Che bella domanda! Essere attori nel 2022 significa combattere perché questa nazione non è proprio l’ideale per poter fare teatro. È molto dura, il teatro dovrebbe essere alla base di tutto, ma spesso non viene valorizzato per nulla. Io ho vissuto un’epoca d’oro del cabaret romano e c’era tantissimo lavoro!

Però fino ad oggi la risposta del pubblico è stata molto positiva.

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