CASTEL MADAMA – A caccia con le trappole, presi tre bracconieri

Forestali, Carabinieri e ispettori Congeav scoprono i marchingegni nei terreni dell’Università Agraria

Per andare a colpo sicuro avevano realizzato dei marchingegni artigianali che non lasciavano scampo alle prede. Andava avanti così da mesi su un terreno di proprietà pubblica destinato al ripopolamento della fauna e affidato in concessione a due fratelli che lo avevano trasformato in un vero e proprio “campo minato” per la selvaggina.

Così mercoledì 6 luglio i Carabinieri Forestali della stazione di Ciciliano in collaborazione coi militari di Castel Madama e gli ispettori ambientali dell’associazione Congeav di Tivoli hanno sorpreso tre uomini in flagranza di reato.

Si tratta di due fratelli di 65 e di 62, entrambi originari di Castel Madama, ai quali il terreno era concesso in enfiteusi, e di un anziano parente 78enne, anche lui di Castel Madama, tutti e tre denunciati per bracconaggio.

In particolare i tre devono rispondere all’Autorità Giudiziaria di Tivoli di cacciare in un periodo non consentito con mezzi vietati e per giunta in una zona tutelata.

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Secondo le prime informazioni raccolte dal quotidiano on line Tiburno.Tv, il blitz dei militari è scattato nella mattinata di mercoledì a seguito di una attività investigativa effettuata da tempo nei fondi rurali di proprietà dell’Università Agraria di Castel Madama, nelle campagne circostanti il paese, in zona di ripopolamento dove è vietato cacciare per consentire alla fauna di avere una zona franca dove riprodursi.

Quando Forestali e Carabinieri sono giunti sul posto si sono messi le mani nei capelli e i due fratelli non hanno faticato ad ammettere le proprie responsabilità.

Tra gli alberi di ulivo e dietro una copertura di lamiere ondulate, era nascosta una trappola a ghigliottina che scattava a seguito dell’ingresso degli animali.

Il sistema era molto ingegnoso. La fauna veniva adescata con frutta e ortaggi messi appositamente sotto dei sassi legati ad una corda collegata ad una carrucola. Gli animali, entrando per mangiare, spostavano la pietra, liberando così la corda che teneva il cancello sospeso a ghigliottina sull’entrata.

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I militari hanno appurato che qualche giorno prima del blitz all’interno della trappola erano stati catturati 4 cinghiali successivamente liberati da qualcuno.

Gli investigatori hanno accertato che la trappola artigianale era costituita con una base e un muretto in cemento ai quali erano saltare le reti metalliche di ferro per detenere gli animali: per questo ai tre viene contestata anche l’ipotesi di reato di abuso edilizio.

E non è finita.

Dagli accertamenti è emerso che nessuno dei tre aveva la licenza di porto di fucile e quindi di caccia, per cui a carico dei bracconieri potrebbe essere configurabile anche l’ipotesi di reato di furto venatorio.

Le trappole sono state poste sotto sequestro.

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