TIVOLI – “Troppi suicidi in carcere”, l’allarme della Camera Penale

Il Presidente Carmelo Tripodi invoca il rispetto dei diritti umani e lancia una provocazione: “Aboliamolo”

Dall’Avvocato Carmelo Tripodi, Presidente della Camera Penale di Tivoli, riceviamo e pubblichiamo:

“Cosa dobbiamo augurarci per l’anno che è appena iniziato?

Io personalmente mi auguro che venga abolito il carcere! Mi rendo conto che si tratta di un auspicio irrealizzabile e anche uno slogan ormai fuori moda, visto le parole d’ordine che sentiamo in questo periodo:

garantisti durante il processo ma giustizialisti nell’esecuzione della condanna”,

bisogna mettere un freno alle misure alternative alla detenzione”,

bisogna riavviare progetti di edilizia carceraria”,

Ci vuole certezza della pena…” eccetera.

Tutti slogans, così come il mio auspicio, che non hanno molto senso o significato ma che però danno il senso dell’idea di società che si intende promuovere.

Molto più autorevolmente, è di qualche settimana fa l’accorato e ineccepibile appello del Nostro Presidente della Repubblica al rispetto dei diritti umani in posti in cui ci si difende dall’aggressione di uno Stato straniero o in posti in cui ci si ribella ad un regime feroce e teocratico che soffoca il dissenso dei giovani con violenza brutale arrivando ad esecuzioni capitali di studenti, esibite in pubblica piazza.

Non sfuggirà certamente al Nostro Capo dello Stato, autorevole studioso costituzionalista, che proprio i diritti umani per definizione sono di tutti, di quelli che combattano per le libertà democratiche contro poteri autocratici ma anche di chi viene privato della libertà per motivi meno nobili come è il detenuto medio negli stati di diritto e liberali, come il nostro.

Anzi il senso più profondo del rispetto dei diritti umani è proprio questo: solo se ne imponiamo il rispetto per le persone che riteniamo peggiori, saremo sicuri che i diritti umani saranno rispettati anche, e a maggior ragione, nei confronti delle persone che violano la legge per nobili ragioni.

Ed allora diventa indispensabile e vitale difendere i diritti umani degli ultimi anche e soprattutto nelle democrazie come la nostra che per quanto evoluta può sempre essere migliorata.

Se si guarda alla realtà e alla fotografia che viene dai nostri istituti penitenziari ci si accorge che è assolutamente necessario per uno Stato come il nostro, liberale e di diritto, sforzarsi e battersi per migliorare le condizioni carcerarie delle persone detenute.

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Di recente ci si è allarmati perché 7 ragazzini sono riusciti a fuggire per qualche ora dal carcere minorile “Beccaria” di Milano, con relativi preoccupati servizi dei telegiornali (tutti) e con i nostri politici che hanno subito parlato di mettere in sicurezza le nostre prigioni.

Insomma mass- media e politica hanno indicato quale fosse l’emergenza in tema di carcere.

In realtà chi conosce il mondo carcerario sa benissimo che il problema non sono le evasioni che durano da Natale a Santo Stefano.

È il numero preoccupante e spropositato dei detenuti che si sono tolti la vita all’interno delle nostre carceri nell’anno 2022, il vero dato allarmante proveniente dalle prigioni italiane.

Nell’anno solare appena concluso 83 persone all’interno delle carceri di uno Stato civile come l’Italia si sono suicidate! È qualcosa di enormemente tragico.

In Italia la popolazione carceraria oscilla tra i 55.000 e le 60.000 unità, proprio il numero di abitanti che ha Tivoli.

Pensate cosa succederebbe se in una città di medio piccola grandezza, in Italia, avessimo più di 80 suicidi all’anno; ci aspetteremmo che il Ministero della Sanità istituisca un servizio psicologico porta a porta per porre rimedio a una simile emergenza.

Se invece questo accade nelle carceri italiane nessuno ne parla, nessuno ritiene sia un tema degno dell’interesse dell’opinione pubblica.

Qualcuno potrebbe essere portato a pensare: “io sono una brava persona, non andrò mai in carcere, che me ne frega se qualche delinquente si toglie la vita…”.

La storia ci ha insegnato che non è così.

Anche in epoca repubblicana e democratica non è stato così. La lunga e ingiusta carcerazione di Enzo Tortora rimane un caso emblematico e conosciuto ma non si può certo pensare che sia l’unico, né che sia stato l’ultimo.

Ma anche per coloro che ci finiscono giustamente nelle carceri italiane, uno Stato come il nostro si può permettere una simile mattanza?

Se nelle nostre prigioni si consumano violenze e vessazioni quotidiane, se ci sono più di 80 suicidi in un anno vuol dire che in quei posti i detenuti non sono vivono in condizioni umane.

Noi, che vorremmo/dovremmo offrire ai condannati il diritto a rieducarsi, oggi non riusciamo a garantire ai detenuti il diritto ad essere “uomini”.

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Se veramente vogliamo essere uno Stato di diritto, cioè uno Stato dove i diritti umani di tutti, anche di quelli che meritano di andare in prigione, siano veramente rispettati non possiamo assistere a quello che succede nelle nostre carceri, non possiamo rimanere in silenzio, non possiamo non cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica anche su quello che succede a casa nostra.

Garantire i diritti ai detenuti non solo conviene in termini di costi umani ma può rappresentare un guadagno per l’intera società in tema di sicurezza.

Una persona che esce dal carcere abbrutito ed incattivito è molto più facile che continui a commettere reati una volta uscito dal percorso restrittivo.

A tal proposito, infine, a chi intende ridimensionare le misure alternative alla detenzione, pensando così di tutelare sicurezza e ordine, è opportuno ricordare che il dato della recidiva in chi usufruisce di tali misure è molto più basso rispetto a coloro che invece finiscono l’intera pena in prigione.

In pratica diminuendo la possibilità di concessione delle misure alternative alla detenzione, apparentemente si risponde ad una logica securitaria, ma in realtà si finisce per avere una società con un maggior numero di reati e di persone detenute.

Senza contare che sempre le misure alternative alla detenzione rappresentano un obiettivo argine al sovraffollamento carcerario e quindi alla disumanizzazione delle prigioni italiane.

Il tema “carcere” in Italia è in realtà molto complesso e queste poche banali righe, forse un po’ controcorrente, non hanno la pretesa di risolverlo e di certo per adesso realisticamente di abolire la privazione della libertà.

Forse però se si riesce a cambiare visuale, se invece di pensare che sia solo uno strumento salvifico della società civile contro la delinquenza, si riesce ad immaginarlo come un male necessario delle società moderne, che va utilizzato con estremo giudizio e parsimonia, e che va reso un posto umano dove i diritti delle persone sono davvero rispettati, certamente avremo circa 85 morti in meno da piangere e forse, in realtà, avremo persino una società più sicura!

Buon anno a tutti ma soprattutto a quelle 60.000 persone che si trovano nei nostri istituti penitenziari sperando che la Befana possa portare loro, insieme al meritato carbone, un po’ di umanità!”.

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