TIVOLI – Guerra dell’acqua, Terranova ha perso: i laghetti non possono essere chiusi

Anche il Tribunale di Tivoli si convince che è impossibile trasformarli in un acquario e otturare la fonte solfurea, come richiesto dal patron delle Terme

Le soluzioni prospettate erano due.

Trasformarle in una sorta di acquario per impedire che i clienti possano immergersi all’interno, oppure di ricoprirle con migliaia di metri cubi di ghiaia di cava.

 
 

L’ingresso del Tribunale di Tivoli

Era questo il destino riservato dal Tribunale di Tivoli alle polle sorgive del Barco, le vasche annesse agli stabilimenti di via Primo Brega gestiti dalle associazioni culturali “Bambù”, “Eden”, “Parco Tivoli”, “La Siesta” e dalla Società agricola “H2SO”.

Il giudice del Tribunale Civile di Tivoli Francesca Coccoli

Oggi, mercoledì 5 aprile, lo stesso Tribunale ha preso atto che è inapplicabile la sentenza numero 875 emessa l’8 luglio 2020 dal Giudice del Tribunale Civile di Tivoli Francesca Coccoli.

Lo stabilimento delle Terme di Roma di proprietà della “Acque Albule Spa”

Il provvedimento di tre anni fa imponeva ai quattro “laghetti” l’immediata cessazione della balneazione e di qualsiasi sfruttamento abusivo delle acque come richiesto dalla “Acque Albule Spa”, la partecipata per il 60 per cento dal Comune di Tivoli e per il 40 dalla Fincres Spa dell’imprenditore Bartolomeo Terranova, titolare della sub-concessione termale e gestore dello storico stabilimento di Bagni.

L’imprenditore Bartolomeo Terranova, patron delle Terme di Roma

Stamane il Giudice per l’Esecuzione Marco Piovano – titolare del fascicolo al posto della collega Maria Grazia Patrizi – ha sospeso la procedura di esecuzione di obbligo di fare o di non fare indicata dalla sentenza Coccoli. Insomma, non si toccano le fonti di acqua solfurea che alimentano gli stabilimenti “Sole Estate Relax” (ex “Bambù”), “Parco Tivoli”, “Eden” e “Albulè”.

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La conclusione del giudice Marco Piovano prende spunto dal provvedimento con cui lo scorso 10 marzo la Quinta Sezione Civile della Corte d’Appello di Roma ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Franco Ledda per conto della “Franco Romanzi Srl”, società proprietaria dei terreni in cui insiste la fonte di acqua sorgiva nota come “Bambù” (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).

La polla dell’ex “Bambù”, oggi “Sole Estate Relax”

In quel caso i giudici di secondo grado avevano ordinato soltanto per l’ex “Bambù” la sospensione dell’esecuzione della sentenza Coccoli.

In particolare la Corte d’Appello aveva preso atto della “originalità” della soluzione proposta dal Consulente tecnico d’ufficio nominato dall’allora Giudice per l’Esecuzione Maria Grazia Patrizi nell’ambito del procedimento in cui è parte in causa l’ex “Bambù” rappresentata dall’avvocato Vittorio Messa.

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L’avvocato Vittorio Messa di Guidonia, tre volte Deputato della Repubblica

Il Ctu è l’Ingegner Giuseppe Sappa, docente presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile ed Ambientale dell’Università “La Sapienza” di Roma: il consulente aveva proposto al Giudice la copertura delle vasche con vetro o materiale metallico, oppure il riempimento degli invasi delle polle naturali di acque sulfuree con pietrame vario.

Soluzione, quest’ultima, sconfessata da un precedente Ctu, il geologo Roberto Salucci, già Consulente tecnico d’ufficio del giudice Francesca Coccoli: “il riempimento degli invasi delle polle naturali di acque sulfuree con pietrame vario – aveva scritto Salucci – comportanti il possibile sviamento della falda acquifera e la soppressione della sorgente naturale”.

Il compianto imprenditore tiburtino Franco Romanzi, fondatore di “Bambù”

Insomma, un danno irreparabile per la natura e soprattutto per la “Franco Romanzi Srl”, proprietaria dei terreni di “Bambù” alla quale i giudici della Corte d’Appello di Roma hanno riconosciuto il diritto autonomo e incompatibile con la sentenza firmata dal Giudice Francesca Coccoli.

Preso atto dell’indirizzo della Corte d’Appello, anche il giudice Marco Piovano ha sospeso la paventata chiusura di tutte le polle del Barco.

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