Dovrebbero studiarlo in una Fisica dei grandi fenomeni mediatici. La legge della medio-dinamica potrebbe suonare così: maggiore è la velocità e il livello di vetta raggiunto più repentino e senza attenuanti sarà la caduta.
Le vicende di Aboubakar Soumahoro e di Chiara Ferragni, sebbene non ancora concluse, quindi non storicizzabili, né sono inappellabile esempio.
Quindi le considerazioni ora debbono staccarsi da i due per concentrarsi sulla macchina della celebrità, su come consegni immeritati successi che, a volte, solo a volte, ripieghino su loro stessi.
Ma oltre ai fenomeni e alla macchina c’è un altro fattore determinante che non può esser considerato inerte: la gente – coloro che effettivamente decretano il successo.
Cominciamo a raccogliere, poi, quel poco che queste vicende insegnano. Anche se già credevamo di saperlo. Chi gode dei favori del pubblico non sempre ha ragione. Anzi, ragione o torto consistono in una variabile indipendente su chi ha successo. Quindi anche su chi non ce l’ha.
Tutto questo vale per i dibattiti ad uso televisivo quando si insiste sull’errore degli altri e si risponde: “i sondaggi ci danno ragione”. (Ogni allusione a rappresentanti di governo è puramente casuale).
I casi insegnano quanto non sia produttivo affidarsi esclusivamente ai vantaggi derivati dall’onda buona che arriva e spinge la fuga in avanti. Bisognerebbe sempre ricordare che il merito non è del surfista ma della forza sprigionata dall’onda del mare. Ed è un’altra onda a determinarne la caduta in acqua con la permanente stasi.
Il problema deve tornare ad essere come governare gli eventi e non farsi governare da loro. Come essere artefice delle cose e non artefatto di alcune condizioni storiche. Il resto alle prossime puntate.