Viene definito un documento caratterizzato da “deriva illiberale, il cui contenuto mina le fondamenta del giusto processo, garanzia inviolabile per tutti gli imputati, anche e tanto più di reati così gravi quali quelli ricompresi nel cosiddetto Codice Rosso”.
Gli avvocati penalisti di Tivoli si dicono contrari alle nuove Linee Guida – CLICCA E LEGGI LE LINEE GUIDA – emanate lo scorso 8 novembre dalla Procura di Tivoli sull’applicazione del reato di maltrattamenti in famiglia e su questioni procedimentali/processuali relative ai reati di violenza di genere, domestica e contro le donne.
Per questo mercoledì 27 novembre il Direttivo della Camera Penale di Tivoli con una delibera ha proclamato lo stato di agitazione.
“Ora più che mai è fondamentale rivendicare con forza il ruolo dell’Avvocatura nella difesa del diritto penale liberale”, scrive il Direttivo in una nota pubblicata giovedì scorso sulla pagina Facebook istituzionale della Camera Penale.
Nella delibera, firmata dal Presidente, l’Avvocato Fabio Frattini, e dai colleghi Chiara Busca, Roberta Sabatini, Giovanna Marconi, Cristian Cerquatti, Anna Rubino e Ivan Clarice, oltre ad esprime contrarietà, i penalisti annunciano l’intenzione di coinvolgere l’Avvocatura, l’Accademia e l’intera società civile per sollecitare e sensibilizzare l’opinione pubblica “sul pericolo che simili iniziative, securitarie ed illiberali possano incidere irreversibilmente sulla tutela dei diritti inalienabili degli indagati e degli imputati”, senza escludere l’organizzazione di eventi e giornate di astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria.
Ma quali sono le criticità del documento pubblicato dal Procuratore Capo Francesco Menditto che hanno sollevato una ferma presa di posizione da parte della Camera Penale?
Nella delibera ne vengono elencate molte, a cominciare dall’assimilazione alla criminalità organizzata dei reati da Codice Rosso.
I penalisti contestano anche il cosiddetto “Statuto della vittima” che impone una rivisitazione complessiva del procedimento/processo penale.
“Quella di vittima – sostiene la Camera Penale – è una situazione soggettiva sostanziale – come quella dell’autore del reato – che presuppone l’accertamento definitivo di responsabilità. Uno status di diritto penale sostanziale che non può trovare riconoscimento nel processo prima del giudicato”.
I penalisti invocano la necessità di un’interpretazione aderente alle fonti europee e sovranazionali richiamate nelle Linee Guida.
“Tra le stesse vi è anche la tutela della presunzione d’innocenza, in forza della quale se l’imputato è presunto innocente, la vittima è da presumersi non vittima o comunque non vittima dell’azione dell’imputato”, sottolinea la Camera Penale ribadendo che la presunzione di innocenza e il diritto a un equo processo sono sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali («CEDU»), dal Patto internazionale sui diritti civili e politici («ICCPR») e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
“Il reato di maltrattamenti viene riqualificato come reato proprio, dove l’autore della condotta è necessariamente l’uomo e la persona offesa dal reato è ineluttabilmente la donna.
In buona sostanza si procede, in aperta violazione del principio di legalità, ad una reinterpretazione della fattispecie incriminatrice palesemente contrastante con la natura di reato comune”, è la tesi della Camera Penale di Tivoli.
“Il delitto di maltrattamenti in famiglia non è un reato di genere e nemmeno un reato proprio il cui autore è individuato in base al genere – proseguono i penalisti – È quindi del tutto arbitrario leggere la norma incriminatrice come posta a tutela delle donne.
La legge, e nella specie quella penale, non può discriminare in base al sesso, pena la violazione del principio fondamentale di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge sancito dall’articolo 3 della Costituzione e, pertanto, a parità di condotte maltrattanti, uomo e donna devono essere considerati allo stesso modo: nel sistema penale non può trovare diritto di cittadinanza un concetto di violenza distinta in base al genere della persona offesa.
Non si può confondere il dato criminologico, che delinea il preoccupante fenomeno della violenza di genere, con quello normativo, saldamente ancorato al principio di uguaglianza”.
Altro punto contestato dalla Camera Penale è l’assimilazione tra reato abituale e reato permanente, nell’interpretazione delle Linee Guida della Procura di Tivoli.
“L’abitualità non può prescindere da una significativa ripetizione dei comportamenti in un determinato lasso di tempo – spiegano gli avvocati nella delibera – non bastano episodi sporadici anche di violenza fisica per integrare il reato abituale.
Il Giudice è, dunque, tenuto a valutare non solo gli episodi che ritiene soggettivamente più gravi, sol perché colpiscono l’integrità fisica o costituiscono specifici reati, ma deve valorizzare e descrivere, in modo puntuale, innanzitutto il contesto diseguale di coppia in cui si consuma la violenza, anche psicologica, praticata dall’autore ed il clima di umiliazione che viene imposto alla persona offesa per lederne la dignità”.
“Il Giudice non giudica i contesti, ma i fatti, ancorché abituali – puntualizzano i penalisti – Non può svolgere una indagine sociale in ordine ai modi di conduzione della vita familiare, non può interferire sulle modalità di gestione del rapporto di coppia: se ciò avvenisse, il diritto penale diventerebbe morale”.
A parere della Camera Penale, le Linee Guida non farebbero alcuna distinzione tra le liti familiari, penalmente irrilevanti, e la violenza che integra il reato di maltrattamenti.
“Si nega addirittura rilevanza alla reciprocità delle condotte, in forza di un pregiudizio ideologico per cui vi deve necessariamente essere una vittima ed un carnefice – si legge sempre nella delibera di mercoledì scorso 27 novembre – Al contrario, la dinamica familiare è fondamentale per stabilire la rilevanza penale delle singole condotte nell’ottica del reato abituale.
Ad esempio, ripetuti scontri fisici o verbali reciproci non potranno mai dimostrare la volontà di sopraffazione che è l’elemento tipico dei maltrattamenti.
Due coniugi litigiosi potranno rispondere delle singole condotte, ma non del reato abituale che si fonda su ben altri presupposti.
E se le condotte sono reciproche, entrambi risponderanno del medesimo reato”.
La Camera Penale annovera tra le criticità delle Linee Guida anche la scriminante putativa dello stato di necessità, ossia la possibilità per la donna di non essere incriminata di falsa testimonianza nei casi in cui il compagno, marito o ex venga assolto.
“Cosicché – contestano gli avvocati – si invera il paradosso, logico prima ancora che giuridico, per cui la persona offesa va considerata assistita da una presunzione di veridicità, in quanto teste e, al contempo, è protetta “dall’ombrello” della scriminante, finanche putativa, allorquando le sue dichiarazioni si siano invece rivelate mendaci”.
Non è finita.
“La separazione personale dei coniugi viene considerata come atto di tutela della persona offesa e dei suoi figli, quando può invece capitare che sia il movente dell’uso strumentale e calunnioso della denuncia per insussistenti maltrattamenti – insistono i penalisti – La negazione della “strumentalità” di alcune denunce/querele per ottenere “vantaggi” nel corso del procedimento di separazione legale in sede civile, vorrebbe limitare il principio del libero convincimento del Giudice sull’attendibilità della persona offesa”.
Secondo la Camera Penale nelle Linee Guida viene inoltre attribuito un asimmetrico valore allo stato di ubriachezza o alla dipendenza da stupefacenti, a seconda degli assuntori.
“Per l’imputato uomo – si legge sempre nella delibera – lo stato di ubriachezza abituale – come normativamente previsto – non elide né attenua l’imputabilità, ma anzi comporta un aggravio sanzionatorio; per la persona offesa donna la condizione di tossicodipendenza costituisce un pregiudizio discriminatorio inidoneo a minarne l’attendibilità, quando è invece risaputo che lo stato di alterazione psico-fisica conseguente alla tossicodipendenza ben può incidere sulla stessa percezione della realtà, oltre che sui comportamenti”.