Fino a due settimane i funzionari dell’Ente erano convinti che i bar di tutti e tre gli stabilimenti fossero abusivi. E’ stata necessaria una sentenza del Tar del Lazio per far sorgere i dubbi di aver preso una “cantonata”.
Per questo il Comune di Tivoli ha revocato in autotutela le ordinanze di chiusura dei punti ristoro di “Parco Tivoli” e di “Eden”, due dei tre laghetti di via Primo Brega nella zona del Barco, meta delle ferie low cost per migliaia di amanti dell’acqua solfurea di tutto il Lazio.
E’ quanto emerge dalle sentenze numero 3075 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA - e numero 3076 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA - pubblicate ieri, martedì 11 febbraio, dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio.
Una panoramica dello stabilimento “Parcotivoli Sportingpark”
La prima sentenza dichiara cessata la materia del contendere del ricorso presentato dalla “Asd Dgf+”, l’associazione che gestisce “Parcotivoli Sportingpark”.
Una panoramica dello stabilimento “Eden”
La seconda sentenza, invece, dichiara cessata la materia del contendere del ricorso presentato dalla “Associazione Culturale Eden” che gestisce l’omonima polla sorgiva al Barco.
Entrambe le associazioni si erano rivolte al Tar del Lazio per far annullare le Ordinanze emesse il 20 settembre 2024 dal Dirigente alle Attività produttive del Comune di Tivoli Riccardo Rapalli con cui era stato imposto il divieto di prosecuzione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande all’interno della strutture di Via Primo Brega.
Nell’udienza davanti al Tar tenutasi ieri l’avvocato del Comune Diana Scarpitti ha prodotto ai giudici la revoca in autotutela di entrambe le ordinanze firmate dal dirigente Rapalli.
Una panoramica dello stabilimento “Sole Estate Relax”, ovvero l’ex “Bambù”
Vale la pena sottolineare che la scelta dell’amministrazione comunale di Tivoli di revocare la chiusura dei bar fa seguito alla causa persa lo scorso 29 gennaio contro l’Associazione Culturale Bambù, che gestisce il bar all’interno di “Sole Estate Relax”, ovvero l’ex “Bambù”, il primo laghetto di acqua sorgiva nella zona del Barco (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).
L’imprenditore tiburtino Simone Romanzi
Il 20 settembre 2024, infatti, il Dirigente alle Attività produttive Riccardo Rapalli aveva imposto il divieto di prosecuzione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande anche all’associazione presieduta da Simone Romanzi.
L’avvocato Vittorio Messa di Guidonia
Il 49enne imprenditore tiburtino, rappresentato dall’Avvocato Vittorio Messa di Guidonia, ha invece dimostrato ai giudici di essere in possesso di tutti i permessi.
A cominciare dalla Denuncia di Inizio Attività del 9 aprile 2008 per l’esercizio dell’attività di “preparazione e somministrazione di pietanze fredde, insalate, panini con affettati, formaggi ed esercizio bar”.
Un titolo risultato valido nel corso degli anni successivi, quando l’associazione “Bambù” ha subito periodicamente controlli sia da parte della Asl Roma 5 sia da parte dei Nas di Roma, sempre con esito positivo.
L’avvocato Messa ha sottolineato al Tar che per questo dal 2008 e fino a settembre 2024 all’interno dello stabilimento ex “Bambù” l’associazione ha sempre esercitato l’attività stagionale di somministrazione di alimenti e bevande (non superalcoliche), mentre il Comune di Tivoli ha calcolato, applicato e incassato la Tari (Imposta per la raccolta dei rifiuti solidi urbani), senza contare l’Imu e la Tasi relative al locale bar pagate dalla “Romanzi Franco Srl”.
Secondo l’ordinanza, emessa il 20 settembre 2024 a seguito di un’ispezione effettuata dalla Polizia Locale del 12 giugno 2024, l’associazione eserciterebbe l’attività di somministrazione senza la prescritta Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).
Tuttavia davanti al Tar il Comune di Tivoli ha continuato a sostenere che “la denuncia d’inizio attività settore alimentare ai fini della registrazione non costituisce titolo ai fini dell’esercizio della somministrazione di alimenti e bevande essendo considerata alla stregua dell’attuale notifica sanitaria, di competenza della ASL RM5”.
Secondo Palazzo San Bernardino, l’associazione “Bambù” sarebbe stata “consapevole dell’inefficacia della Dia, tanto da aver presentato, con riferimento alla medesima attività, una Scia nel 2010 (a sua volta inidonea a produrre un effetto legittimante l’esercizio dell’attività perché priva dei necessari allegati), così da non potersi configurare tutela dell’affidamento, rilevando, inoltre, che la natura di atto dovuto del provvedimento priverebbe di effetti invalidanti la violazione delle garanzie partecipative”.
Una tesi che deve aver fatto cadere le braccia perfino ai magistrati ai quali, con la sentenza numero 2000 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA –, non è rimasto che accogliere il ricorso dell’Associazione Culturale Bambù e compensare le spese, graziando così i contribuenti tiburtini cui sarebbero spettati i costi della causa persa.
A fronte della sentenza “Bambù”, gli uffici comunali hanno deciso di revocare il divieto di somministrazione anche a “Parco Tivoli” e ad “Eden”.