A casa di Anna Agostiniani, premiata al Salone Internazionale del Libro di Torino

CHI E’  
Anna Agostiniani è nata a Sinigallia nel 1948. Abbandonata alla nascita, quando aveva 4 anni viene adottata da una famiglia di Villa Adriana in cui per anni subisce violenze e abusi. Sin da ragazzina  lavora come lavapiatti all’Osteria Quaranta, in via Tiburtina e poi frequenta l’avviamento professionale alla Coccanari di Tivoli. A 21 anni lascia la famiglia e scopre la libertà: vive sola, si costruisce un futuro con il proprio lavoro tra mille difficoltà e diventa agente di marketing per la SS.Lazio. Appena quindicenne conosce   e anni dopo sposa Antonio Angrisano, ferroviere e pittore, che le sarà accanto per tutta la vita. Anna oggi ha 69 anni e pur rimanendo legata a  Tivoli, dove torna spesso, vive per la maggior parte dell’anno a Civitanova nelle Marche con quella che considera la sua “nuova famiglia” conosciuta durante le ricerche di sua mamma. Dieci anni fa ha fondato Mango Onlus, a cui ha destinato   il ricavato della sua coraggiosa autobiografia “Perché? Una storia vera”, pubblicata l’anno scorso e premiata al Salone Internazionale del Libro di Torino 2017.

Trecento pagine, sta tutta lì dentro la sua vita : l’abbandono della madre alla nascita, il brefotrofio, l’infanzia negata da una famiglia adottiva in cui per anni ha subito abusi e violenze. Poi a 21 anni finalmente la libertà,con la famiglia di civitanova marche il riscatto costruito con il lavoro e i sacrifici, il grande amore con Antonio che le è stato accanto per 35 anni, la ricerca della mamma mai ritrovata ma che l’ha portata a conoscere una nuova famiglia a Castelnuovo nelle Marche. “Perché? Una storia vera” è un atto di coraggio, mette in fila i ricordi di una vita per trasformare in frasi un dolore che va oltre le parole, squarciando un silenzio durato troppo a lungo. Oggi Anna è libera, anche se alcune domande la rincorrono ancora. Ha lottato tutta la vita contro un mondo che non ha avuto pietà ma ha ancora la forza di non arrendersi. Dieci anni fa Anna ha fondato l’associazione Mango Onlus, per aiutare bambini abbandonati del Paraguay ; è a loro che è dedicato questo libro, che verrà presentato Tivoli proprio oggi, martedì 27 giugno alle ore  19:30,   in Piazza del Plebiscito. 

 

(Anna in foto insieme alla sua nuova famiglia di Civitanova, ndr)

Anna, questa casa a Tivoli per te ha un valore molto particolare…
Questo appartamento era lo studio di pittura di mio marito, per me è lo scrigno di tanti bei momenti trascorsi insieme a lui. Quando vivevamo ancora a Roma dicevamo sempre che un giorno avremmo potuto trasformarlo in un’abitazione e venirci a vivere. Anni dopo ho ristrutturato tutto cercando di renderlo più simile possibile a come lo avevamo immaginato insieme.

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Quali sono gli oggetti a cui sei più legata?
Ogni oggetto qui è un ricordo, Antonio diceva sempre “poche cose ma significative” era un po’ la sua filosofia di vita. Il valore più prezioso che questa casa custodisce però sono i quadri che riempiono le pareti, ogni volta che li guardo mi sembra che lui sia ancora qui con me.
Anche se ora vivi a Civitanova delle Marche , sei rimasta legata a Tivoli?
Tivoli è una città dai tanti volti per me: mi ricorda momenti brutti della mia infanzia, ma anche gli affetti che mi hanno aiutato a superarli. A cominciare dalla mia insegnante di lettere alla Coccanari, Maria Violanti, la prima a farmi capire che il mondo non aveva solo il volto sporco che avevo visto fino a quel momento; Wanda, la    mia amica di infanzia di Villa Adriana;  Maria e Pietro, titolari storici del negozio Maria Arte del fiore di Villanova, e i loro figli , Pino e Venere,   che ho visto crescere. Loro sono stati la mia famiglia quando non ne avevo una.

A sessant’anni hai deciso di rompere il silenzio sul tuo segreto legato agli abusi subiti all’interno della tua famiglia adottiva. “Perché”?
  A motivarmi è stata la volontà di dare voce a tutti i bambini vittime di violenza e a tante persone che hanno vissuto esperienze simili alla mia. Non è stato affatto semplice, ma a convincermi di aver fatto la cosa giusta sono gli abbracci delle persone che   alla fine della presentazione mi ringraziano  per aver  messo in luce un vissuto che loro non hanno mai avuto il coraggio di raccontare. Sapere di averle in qualche modo aiutate è un privilegio per me.  

Come è stato partecipare al Salone del Libro di Torino e vincere il premio?  
E’ stata un’esperienza meravigliosa, non mi aspettavo di arrivare in finale. Grazie alle 6000 copie vendute abbiamo già costruito una casa per una famiglia povera in Paraguay, ma c’è ancora tanto da fare.
 

Il titolo del libro è una domanda, hai trovato la tua risposta?
Il titolo è la domanda che mi faccio da tutta la vita: perché a me, perché mia mamma non mi ha voluto, perché tanta cattiveria subita. Negli anni sono riuscita a darmi molte risposte, dalla sofferenza ho imparato la gratitudine per ciò che la vita mi ha donato e non solo il rimpianto per ciò che mi aveva negato. Alcune domande però continuerò a inseguirle per sempre, come quelle su mia madre.

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A che età hai iniziato a cercarla?  
Ho cercato mia madre per tutta la vita, ho sempre pensato che per costruirmi un futuro dovessi prima conoscere le mie origini. Negli anni 70 sono stata anche alla trasmissione Rai Portobello per lanciare un appello per trovarla: ricevetti più di 600 lettere e 40 telegrammi ma alla fine tanti sforzi e telefonate si rivelarono vane. Otto anni fa la mia ricerca mi ha portato a Civitanova nelle Marche dove ho incontrato Pina, che pensava potessi essere figlia di una sua familiare. La realtà purtroppo si è rivelata diversa ma intanto a casa di Pina ho trovato l’accoglienza e il calore di una famiglia vera.  
Trent’anni  fa sei partita per la prima volta per il Sud America, un viaggio che ha dato un nuovo senso alla tua vita.
Lavorando in una trasmissione radio, un giorno ricevetti  una telefonata da un missionario italiano che mi chiedeva di coinvolgere dei giocatori della Lazio per una campagna della sua associazione a favore delle adozioni a distanza di bambini del Paraguay. Così ho conosciuto Padre Attilio e due mesi dopo ero sul posto: negli occhi di quei bambini  ho rivisto me stessa, ho pensato che dovevo fare qualcosa in prima persona. Per questo 10 anni fa ho fondato Mango Onlus, un’associazione che si adopera per   dare loro una casa e la possibilità di crescere in un ambiente sereno e costruirsi un futuro andando a scuola.

A chi si rivolge il tuo libro e qual  è il messaggio che vuole trasmettere?
Questo libro vorrei che lo leggessero tanti uomini, per capire che i bambini e le donne vanno rispettati; tanti genitori  affinché siano più consapevoli che gli orchi a volte sono dietro l’angolo; vorrei che lo leggessero anche tante persone che hanno perso la fede, perché possano ritrovarla come è successo a me. Il mio libro racconta un grande dolore ma è soprattutto un messaggio di speranza:   nonostante tutto quello che mi è successo amo la vita , bisogna avere il coraggio di costruire ogni giorno la propria felicità.

 

di Elena Giovannini

 

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