Attacco hacker alla Regione Lazio, chiesta rogatoria agli Stati Uniti

La procura esclude il riscatto economico

Nessuna richiesta di riscatto economico, nessuna conferma sull’ipotesi terroristica. C’è solo un elemento su cui sta lavorando la procura di Roma sull’attacco hacker che ha bloccato da giorni il sistema informatico della Regione Lazio. I magistrati di piazzale Clodio stanno per presentare una rogatoria agli Stati Uniti perché uno degli account utilizzati dai criminali informatici è americano. Un elemento quindi non significativo. Il server americano utilizzato per aprire l’account potrebbe non essere la stazione di partenza dell’account stesso ma solo uno delle intermedie per mascherare la vera origine. Un vero hacker non sarebbe partito dal suo Paese.

Intanto, una prima informativa, depositata sulla scrivania del pm Gianfederica Dito, esclude che il pc del dipendente con cui gli hacker si sarebbero introdotti nel sistema informatico regionale sia stato il destinatario finale dell’intrusione – come scritto da alcuni media – ma solo il mezzo utilizzato per accedere ai dati degli amministratori del sito o per entrare nel database.

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Escluse per ora le responsabilità per la “cattiva gestione” della rete o dei firewall, ipotizzata da più specialisti. Accesso abusivo a un sistema informatico, tentata estorsione e danneggiamento di sistemi informatici, con l’aggravante della finalità di terrorismo: sono questi reati formulati dalla procura di Roma, per il momento a carico di ignoti, in relazione all’attacco hacker. A coordinare le indagini il procuratore capo, Michele Prestipino e il procuratore aggiunto, Angelantonio Racanelli che hanno ricevuto ieri una prima informativa da parte della Polizia Postale. Gli accertamenti sono stati affidati al pm Dito e Luigi Fede, la prima che si occupa di antiterrorismo e l’altro che fa capo al pool dei reati informatici. L’ipotesi antiterrorismo – non è legato a riscontri sulle modalità dell’attacco informatico – ma al fatto che ha coinvolto un sistema importante come quello del Lazio, mettendo in pericolo dati sensibili di varie personalità dello Stato, come, ad esempio, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e il presidente del Consiglio, Mario Draghi.

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