Aveva presentato i documenti convinto che nessuno se ne sarebbe accorto e avrebbe ottenuto facilmente il permesso di soggiorno. Ma non ha fatto i conti coi controlli incrociati della Polizia: ben due certificati di residenza sono risultati falsi.
Tuttavia l’immigrato ha ancora la possibilità di vedersi rilasciare il visto di permanenza in Italia.
E’ in sintesi quanto stabilito dalla sentenza numero 11462 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA – pubblicata oggi, mercoledì 28 dicembre, dal Consiglio di Stato.
I supremi giudici amministrativi hanno accolto parzialmente il ricorso di un extracomunitario al quale il 9 luglio 2019 il Questore di Roma aveva rigettato la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato perché era stata presentata con documentazione falsa.
In particolare all’Ufficio Immigrazione l’uomo riferì di essersi trasferito da Tivoli a Roma e di aver avviato il 13 marzo 2019 il procedimento per il cambio di abitazione nell’anagrafe della popolazione residente nella Capitale, presentando un certificato di residenza.
A quel punto entrarono in azione gli agenti del Commissariato di Tivoli. I poliziotti si presentarono al civico indicato in una strada di Tivoli, dove c’è una palazzina con 4 appartamenti nessuno dei quali abitato da cittadini stranieri.
Da una successiva verifica telematica con la banca dati di Roma è emerso che l’immigrato non aveva mai risieduto nella Capitale, per cui il certificato presentato era fasullo.
Motivi per i quali già il Tar del Lazio lo scorso febbraio aveva rigettato il ricorso dell’extracomunitario per ottenere il permesso di soggiorno.
Tuttavia la “partita” non è ancora chiusa.
Il Consiglio di Stato ha preso atto che il 24 giugno 2021 l’immigrato ha presentato alla Polizia una comunicazione di cessione del fabbricato ad uso abitativo: insomma, l’uomo ha un alloggio stabile, presupposto considerato indispensabile dalla giurisprudenza amministrativa.
I giudici si sono allineati all’orientamento espresso dallo stesso Consiglio di Stato con la sentenza numero 4467 del 1° giugno 2022, secondo cui nella specifica materia dell’immigrazione, “il giudizio amministrativo impone la valutazione degli elementi che si sono effettivamente concretizzati nelle more tra l’istanza presentata, il suo esame da parte dell’amministrazione e il giudizio dinanzi al Giudice”.
“Perché se è vero – hanno argomentato i giudici – che questi elementi non potevano incidere sull’atto, incidono sulla situazione giuridica dell’appellante e la loro mancata valutazione può comprometterla irrimediabilmente, arrecando un pregiudizio a diritti fondamentali della persona umana”.
In poche parole, è ininfluente che l’uomo abbia dichiarato due residenze false e che per questo sia stato denunciato.
Viceversa la Questura di Roma “deve tenere in debito conto le circostanze sopravvenute che, anche se non conoscibili perché non esistenti al momento dell’adozione dell’atto – che quindi deve ritenersi pienamente legittimo – comunque hanno modificato la situazione giuridica dell’appellante e potrebbero, nel rispetto della normativa vigente e in concorrenza degli ulteriori indefettibili presupposti, condurre ad una nuova valutazione ed un differente esito procedimentale”.
Spetterà al Questore rivalutare la posizione giuridica dell’immigrato.