Mario Fedeli è un artista noto al grande pubblico col nome d’arte di Mario Eleno.
E’ originario di Montecelio e vive tra Napoli e il Borgo medievale dove attualmente cura la Direzione Artistica di “Incontri Proibiti 2025”, un festival autofinanziato, prodotto da JuJu Entertainment, in collaborazione con La Compagnia degli Innamorati Erranti e l’Associazione Germinale.



Sopra e sotto, alcune immagini di Mario Eleno, direttore artistico della kermesse in corso a Montecelio “Incontri Proibiti 2025”
Si tratta di una rassegna di quattro incontri volta alla valorizzazione e all’arricchimento culturale della Città di Guidonia Montecelio, iniziata il 9 novembre che durerà fino al termine di gennaio 2026 al Teatro comunale Dario Vittori e al Teatro Chisciotte, entrambi a Montecelio (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).
Il 9 novembre il Teatro Chisciotte ha registrato il sold out per “L’incendio – Lettera a Django” con Carmelo Tartamella e il suo trio, e con lo stesso Mario Eleno.
Il prossimo 15 dicembre alle ore 18,30 al Teatro comunale Dario Vittori di Montecelio ci sarà Peppe Lanzetta, attore di teatro e cinema stimato a livello nazionale e internazionale, candidato come miglior attore non protagonista per “Parthenope” all’ultimo David di Donatello.



Mario Eleno, lei come si definisce?
Scrittore, attore, poeta, drammaturgo, artista… Cosa è esattamente?
“Beh, così a bruciapelo, posso dire che sono uno che sta al servizio delle idee”.
Un ideatore?
“Ideatore” è una parola che non mi piace, suona un po’ come “creativo”, mi fa pensare a chi lavora per un’azienda o per qualche campagna pubblicitaria”.
E allora come si può dire?
“Si può dire piuttosto che sono un’antenna che riceve idee.
Le capto e cerco di farle vivere.
Le vedo correre intorno a me, prendo al laccio le migliori e le porto nella realtà. Mi serve per sognare a occhi aperti e far sognare gli altri a occhi aperti. Meglio sognare da svegli che da dormienti.
Sono uno così.
Com’è che diceva Calvino? «Riconosci ciò che in mezzo all’inferno non è inferno e fallo vivere e dagli spazio»?
Sì, questo è il mio lavorio quotidiano. Trovare l’amore nell’inferno”.



Quante idee riceve al giorno?
“Ricevo tante idee e purtroppo non ho il tempo di dedicarmi a tutte.
Alcune le metto da parte e alla fine succede che le dimentico, altre le accantono nel mio archivio di idee e aspettano lì impolverandosi un po’ fino a quando le ripesco e le lavoro; poi ci sono le idee che edifico subito perché magari sono le più urgenti, sono quelle che non possono aspettare e devono avere il prima possibile un corpo con cui muoversi nel mondo, ne assemblo i pezzi ed ecco che possono essere viste, ascoltate, odorate, toccate, hanno un battito proprio.
Le idee diventano creature”.
E da dove arrivano?
“Questo è un mistero, non lo so precisamente. Le idee vengono dal caos e a me piace stare nel caos”.
Cos’è il caos?
“L’esistenza è il caos.
Anche una tavola perfettamente apparecchiata, con bicchieri, piatti, posate e bottiglie in ordine, è una scheggia schizzata dal caos.
L’idea arriva da questo intruglio caotico dell’esistenza”.
Mi fa un altro esempio per capire meglio?
“Beh, certo… Prendi un mazzo di carte, lancia le carte in aria, dopo lasciale ricadere a terra confuse, mischiate, disordinate e tu fra quelle devi cogliere la carta giusta, l’idea giusta”.
Chiarissimo, è un gioco d’azzardo.
“Esatto. Individuare un’idea e scommetterci sopra”.



E su quale idea stai scommettendo in questo momento?
“Ho varie puntate in ballo.
Ho finito di scrivere la mia nuova silloge poetica, “Un pugno di storie belle”, sto raccogliendo tutti i miei racconti per fare un altro libro, “Nostra sorella dei sobborghi”, traduco costantemente opere di autori stranieri che stimo e che mi piacciono, dal francese e dall’inglese, le trasmetto qui in Italia con l’aiuto di riviste letterarie amiche, ho iniziato a sperimentare la fotografia e sto architettando uno spettacolo teatrale sull’infanzia, su quanto è brutta l’infanzia di oggi.
Poi ho diversi soggetti cinematografici in mente, li sviluppo ogni volta che posso, basta una parola, una frase che ascolto o leggo, e mi vengono le scene, i colori, gli umori, le atmosfere, le facce, è una sensazione meravigliosa. L’altro ieri per esempio mi risuonava in testa questa formula: “donna nei guai”.
Me la ripetevo in continuazione e alla fine ho cominciato a vedere delle scene notturne in una città, molto dettagliate.
Per cui mi sono messo lì e ho buttato giù il soggetto di un film sulla notte, un film erotico sulla notte in cui protagonista è una donna nei guai.
Chi non è affascinato dalle donne nei guai? Le donne nei guai esercitano un’attrazione che disarma, sono fortemente erotiche.
Quindi è deciso, voglio fare un film su una donna che cammina nella notte pericolosa e tagliente e affronta le forze oscure là fuori. Però direi che l’idea su cui sto lavorando di più nel presente è “Incontri Proibiti”.


L’artista e produttrice Alessia Magliacane
Di cosa si tratta?
“È un festival di teatro e musica, partito lo scorso 9 novembre al Teatro Chisciotte, e che si protrarrà fino a gennaio.
Gli spettacoli si alterneranno fra il Teatro Chisciotte e il Teatro Darío Vittori di Montecelio.
L’idea di questo festival viene dall’incontro con Alessia Magliacane.
Lei è proprio in gamba. È un’intellettuale che si è formata alla Sorbona di Parigi, è editrice-produttrice-saggista e chi più ne ha più ne metta. L’ho conosciuta qualche mese fa a Napoli e mi ci sono subito trovato.
Insieme si è già fatto tanto: abbiamo inaugurato le mostre “Kufia” e “Qui resteremo” a Cava de’ Tirreni con un reading teatralizzato sulla poesia palestinese, abbiamo portato Federico Garcia Lorca e il suo “Lamento per la morte di Ignacio” fra i palazzoni della periferia di Napoli nell’ambito del Simposio d’Arte Contemporanea di Scampia, abbiamo celebrato in collaborazione con l’Università Orientale di Napoli il centenario della nascita di Frantz Fanon e con noi c’era persino la figlia di Fanon, Mireille. E ora “Incontri Proibiti”, di cui condividiamo la direzione artistica.
C’è inoltre da dire che Alessia produce questo festival con la sua JuJu Entertainment”.


Mario Eleno scrittore ha ottenuto numerosi riconoscimenti
Un festival autofinanziato quindi. Non riceverete nessun contributo economico dalle Istituzioni Pubbliche?
“Nessuno, nemmeno un penny. Facciamo da soli, anche perché è una rottura andare ogni volta a chiedere soldi all’assessore di turno, presentarsi e spiegare che si lavora sul territorio locale e nazionale da cinquant’anni, cercare di fargli capire il valore, fargli capire che è importante mettere soldi nell’arte, che non siamo lì a scroccare, che siamo dei professionisti, che viviamo con le maniche rimboccate presi dal nostro lavorio incessante, che devono finirla di prenderci per il culo asserendo che tanto con l’arte non si mangia, che non è giusto farlo per volontariato, gratuitamente, perché chi andrebbe sul proprio posto di lavoro a gratis?
L’assessore di turno ci andrebbe?
Penso di no. Allora devono pagare gli artisti, non devono dargli le briciole, devono riempirli di denaro, devono investire più soldi nel teatro, nella musica, nella scultura, nella pittura, in tutto ciò che danza, perché tutto ciò crea socialità e abbatte le ingiustizie. L’artista contribuisce a questo, alla giustizia sociale e quindi alla libertà”.



E’ fiducioso? Succederà?
“Anche i deserti ogni tanto, nonostante la loro aridità, fioriscono.
Quindi sì, può succedere.
L’attuale amministrazione comunale della Città di Guidonia Montecelio, per esempio, ha il grande merito di aver riaperto dopo dieci anni di chiusura il Teatro Darío Vittori – colgo sempre l’occasione di ringraziarli per questo – ma poi, a parte qualche evento sporadico, qualche concerto isolato del grande nome venuto da Roma per un cachet con cui noi avremmo fatto un’intera stagione teatrale, non mi ha soddisfatto sotto il profilo culturale.
Non c’è stato lavoro dal basso, non c’è stato l’irraggiamento del lavoro culturale nei meandri della realtà, il lavoro culturale non è far venire l’attore dal nome altisonante da Roma, è tutto il contrario, è una decentralizzazione infinita, continua, una valorizzazione e un arricchimento di chi vive ai margini, nel nostro caso gli artisti e la comunità di Guidonia Montecelio.
Quindi ben venga Alessia Magliacane e la sua JuJu Entertainment; per il momento ci permettono di non chiedere soldi alle Istituzioni Pubbliche, ché ti fanno sentire come uno che chiede l’elemosina. Un po’ di respiro, meno affanno, non vogliamo farci assistere da nessuno né dipendere, scevri dalle padronanze.


L’attore originario di Montecelio calca il palcoscenico dall’età di 17 anni
Com’è andata la prima di “Incontri Proibiti”?
“Alla grande, siamo partiti col botto.
Teatro Chisciotte sold out per lo spettacolo “L’incendio – Lettera a Django”, ideato e diretto da me e Alessia, dedicato all’immortale leggenda zingara del jazz Django Reinhardt.
La serata è stata pure un omaggio al popolo dei sinti e dei rom troppo spesso vilipeso nel presente e tra le minoranze etniche più perseguitate nella storia dell’umanità.
Dagli zingari – che in effetti è un dispregiativo, sempre meglio usare le parole come si deve, perciò sinti o rom – germoglia genialità impareggiabile. Django ne è un esempio.
Però loro vengono sempre associati alla criminalità e ai campi da sgombrare e io sono stufo di queste false narrazioni e in teatro le smonto. In scena quella sera c’era Carmelo Tartamella, uno dei chitarristi jazz manouche più importanti che abbiamo oggi in Italia, il bravissimo Renato Gattone con il suo contrabbasso, e quel talentaccio di nome Mauro Gregori all’altra chitarra.
Poi c’ero io a leggere testi miei e di Blaise Cendrars sui gitani e a tentare di essere all’altezza in mezzo a tanta bravura, fra questi tre musicisti coi controcazzi.
Ma è andata bene. Il pubblico ha apprezzato un sacco ed è stato un buon modo di partire, una soddisfazione nella nostra provincia desolata, un successo, bisogna dirlo, perché riempire un teatro in un paese sperduto nel nord-est laziale, di domenica pomeriggio mentre gioca la Roma, con uno spettacolo di così alta qualità, è proprio un successo.
Attuare operazioni culturali del genere lontano dai fasti della metropoli non è facile.
È difficile nella periferia delle città figuriamoci da noi che siamo la periferia della periferia.
Siamo un’isola che fende il nulla.
Dovrebbero farci un monumento.
Ma è meglio di no.
Il monumento si fa ai morti e noi vogliamo essere vivi.
Vivi insieme a un pubblico di vivi.
Ringrazio tutti gli spettatori che ci sono stati il 9 e che hanno completato la nostra opera d’arte con la loro attenzione. Sono sicuro che torneranno”.


Un altro primo piano di Mario Eleno
Perché quando parla del lavoro che svolge a Guidonia Montecelio usa la prima persona plurale, perché dice“noi”?
“Perché per dirla con una parola sinta noi siamo una kumpania.
Non sono solo e meno male, altrimenti non esisterebbe niente.
Innanzitutto c’è mio padre, Sergio Fedeli, che si fa il mazzo da mezzo secolo per non far morire il teatro a Guidonia Montecelio e ci sta riuscendo.
Sergio ha la sua età, 72, e sto facendo i sortilegi perché campi fino ai 100 e che continui per altri trent’anni la sua instancabile attività. In “Incontri Proibiti” lui si occupa della direzione organizzativa.
Dopodiché c’è la mia compagna Manuela Mosè, detta Muse, che collabora sia come artista che come organizzatrice.
E non tralascio l’aiuto fondamentale di mio fratello Daniele Fedeli e della sua alleata nell’arte e nella vita Federica Libretti, fondatori dell’Associazione Germinale che si occupa della gestione del Teatro Chisciotte.
Ecco, senza queste persone sarei fuffa e non esisterebbe niente”.
Quali saranno i prossimi appuntamenti di “Incontri Proibiti”?


Il 15 dicembre al Teatro Vittori di Montecelio ci sarà l’attore Peppe Lanzetta
“Il 15 dicembre grande festa al Teatro Darío Vittori con uno spettacolo intitolato “Rionapology”, incentrato sul racconto delle periferie di Rio de Janeiro e Napoli.
Ci sarà il talentuoso chitarrista brasiliano Bruno Santamburlo, ci saranno Daniele Fedeli e Manuela Mosè (ricordo che Daniele è stato candidato come Miglior Attore Emergente ai Premi Ubu e che Manuela ha vinto il Premio Tragos), ci sarò di nuovo io e ci sarà insieme a noi, davvero una gratificazione, Peppe Lanzetta.
Peppe è un artista eclettico.
È l’autore di libri indimenticabili come “Figli di un Bronx minore” e “Messico napoletano”, è un attore di teatro, è musica raffinata e asfalto della strada, ed è stato candidato l’anno scorso ai David di Donatello come Miglior Attore Non Protagonista per il personaggio che interpreta nel film del Premio Oscar Paolo Sorrentino “Parthenope”.
Secondo me il teatro esploderà di gente.
Dopodiché si va al 18 gennaio 2026 con lo spettacolo “Chiamatemi Ghiacciaio – Lettera all’umanità”. Qui affronteremo il problema urgente dei cambiamenti climatici e dello scioglimento dei ghiacciai.
La regia e la drammaturgia sono mie.
In scena Manuela Mosè ma soprattutto in questo caso le mie figlie Etra ed Elelín Fedeli di 8 e 4 anni, due messaggere giovanissime, due rappresentanti delle nuove generazioni che porteranno sotto i riflettori e gli occhi del pubblico la questione aperta del surriscaldamento globale.
Si chiuderà con un finale a sorpresa al Teatro Chisciotte al termine di gennaio”.


Bel programma, complimenti.
Sono spettacoli che lasciano al pubblico un bel po’ di domande…
“Se non fosse così non sarebbe arte.
L’artista è un problematizzatore e in cambio del biglietto pone agli spettatori domande, domande e domande. Non risposte. Mi sembra proprio bello. Solo la domanda, che genera crisi, può scagionare la specie umana dall’imbecillità.
E guarda che l’imbecillità apre la pista alla tirannide e di conseguenza a tutto quello che di negativissimo accade nel mondo.
Chi governa è un imbecille portato in alto da altri imbecilli.
I timonieri saggi e arditi non li vedo da un pezzo. Anzi no, uno di loro è morto poco tempo fa e la Terra ha perso una delle sue creature migliori. Pepe Mujica”.
Vuole aggiungere qualcos’altro? Una chiusa a questa intervista?
“Beh se me lo chiedi, sì, ne approfitto.
Fammi pensare…
Certo potrei dire che nei nostri spettacoli continuano a essere assenti spettatori sotto i 45 anni, i miei coetanei e quelli un po’ più giovani di me.
Non capisco come mai, in fondo non facciamo roba pallosa e sono sicuro che si divertirebbero se venissero, se ci provassero, se boicottassero per una volta la partita della Serie A, il fantacalcio, la sagra o la festa della birra, l’aperitivo fico, la televisione, i centri commerciali e lo shopping domenicale.
Venire da noi non è come andare a vedere tre ore di spiegone all’Argentina di Roma, lì anch’io mi romperei le palle, con tutto il rispetto.
Noi siamo più vicini al Club che al teatro, inteso come luogo.
Siamo notturni e libertini della vita, da noi non vince il tedio. Meglio morire di vodka che di tedio.
Secondo te verranno?”.
Non lo so, sa…
“Prima o poi li convincerò.
Magari con uno spettacolo con sesso dal vivo, magnifiche danzatrici esotiche, striptease e mutande che volano in faccia, una donna che fuoriesce nuda da una vasca piena di vino, vagine che recitano Dante e un pezzo d’uomo senza vestiti che balla, una sorta di Eros circondato da un volo di farfalle.
Me lo auguro, grazie mille Mario Eleno.
“Ma grazie a te!”.






























