Sono tornati. Come due anni fa. Più determinati di due anni fa. L’imprenditrice Wilma Sinibaldi è stata rapinata ancora nella sua villa di via Cristoforo Ferrari, a Casa Calda. “Impacchettata”, derubata e picchiata da tre balordi incappucciati. Lei e l’anziana madre per un’ora e mezza sotto la minaccia delle pistole, fino alla consegna del bottino: quindici mila euro, la metà di quello messo insieme il 2 febbraio 2006.
Stavolta è accaduto lunedì sera 25 febbraio, come denunciato ai carabinieri della Compagnia di Tivoli. Anche adesso sono i militari diretti dal capitano Luca Palmieri a indagare su un colpo-fotocopia a quello messo a segno nella villa dell’imprenditrice 50enne due anni fa.
Ora e modus operandi sono gli stessi. Medesimo l’accento dell’Est Europa. Probabilmente anche la mano e gli organizzatori. Tutto è accaduto dopo le 20,30. La proprietaria di “Aquapiper” era in casa con la mamma. Quando l’anziana ha aperto la porta finestra della sala da pranzo per chiudere le persiane, s’è ritrovata davanti un uomo armato con passamontagna e guanti di lattice che ha aperto la strada ai due complici, anch’essi armati e mascherati di tutto punto. Madre e figlia sono state legate col nastro da pacchi alla sedia e minacciate da uno del gruppo mentre gli altri rovistavano casa. L’incubo sarebbe durato un’ora e mezza. Solo allora le due donne si sono liberate dando l’allarme al 112.
Il precedente nel 2006
“Erano armati e volevano rapirmi”. L’imprenditrice reagisce ai ladri
Pugni, calci, intimidazioni con la pistola, minaccia di rapimento e poi la fuga con 30mila euro in contanti. Quel mercoledì sera del 2 febbraio 2006 Wilma Sinibaldi non lo dimenticherà mai più. Ma col destino si sente in debito. “Poteva finire molto peggio, in quel caso non sarei stata qui a raccontare”.
Il fatto
Ore 20. “Torno a casa dopo un incontro di lavoro. Come al solito mi accompagna il barman che mi saluta al mio ingresso in casa e se ne va. Aspetto che esca per poi azionare il telecomando e chiudere il cancello quando vedo una figura entrare dentro. Chiedo chi è ma sento una persona prendermi da dietro e con la mano a chiudermi la bocca. Capisco che non è uno scherzo, vedo che anche mia madre è sotto minaccia di uno sconosciuto con pistola”. La reazione di difesa è immediata ma l’imprenditrice vede la peggio presa da due uomini calci e pugni. Un altro uomo con passamontagna tiene in ostaggio la madre.
“Anche con lei non hanno riguardi. Quale difesa può dare una donna di 78 anni? Eppure la picchiano, la legano. E allora li esorto a fermarsi, ma quello che mi tiene ferma non sente ragioni. Calci, pugni, senza risparmiare né me né lei. Uno mi minaccia con la pistola, l’altro lega mia madre ed arriva anche l’altro che avevo visto intrufolarsi nel cancello. In tre con passamontagna, jeans e un maglione. Due di bassa statura l’altro un po’ più alto. La frase che mi ripetono mi terrorizza: ‘noi venuti per portare via te!’ Per un momento ho veramente pensato fosse finità”.
Ma l’imprenditrice non si dà per vinta, si difende in tutti i modi e ne ottiene altri calci e pugni. Fin quando, immobilizzata a terra, iniziano a legarla. “E insistono: ‘noi venuti per portare via te!’ A quel punto mi sono sentita gelare dentro. Ho avuto veramente paura ed ho iniziato a trattare. Gli ho detto: ‘voi non portare via me, io dare soldi, molti soldi’ Un modo per parlare il loro italiano stentato e convincerli. Ci sono riuscita ma quante botte ho dovuto subire! Il problema è che per prendere i soldi debbo andare di sopra, entrare in stanza, aprire l’armadio, aprire il cassetto… Ogni minimo gesto è un pretesto per iniziare di nuovo a colpirmi. Mi hanno preso per i capelli, trascinato con la pistola”. Alla fine i tre ladri afferrano il malloppo di 30mila euro. “Continuano a minacciarmi con la pistola e mi dicono ora prendiamo anche la macchina. Ma quando gli dico che c’è il segnalatore di posizione e che sarebbero stati presi subito scappano via. La prima cosa che ho fatto è liberare mia madre, chiamare i carabinieri, arrivati dopo pochi minuti”.
A mente fredda
“Non è stato un caso, non poteva essere una semplice rapina”. Tre giorni dopo l’accaduto Wilma Sinibaldi non crede alla versione dell’aggressione finalizzata al furto. “Sarebbero potuti entrare in casa quando ancora non ero arrivata. Avrebbero potuto rubarmi altri oggetti. Mentre mi picchiavano hanno visto il mio orologio, non l’hanno preso, né altre cose di valore. Dicevano solo ‘noi portare via te’. E’ un caso che il giorno dopo io avevo un importante incontro di lavoro per il Parco? Non può essere un caso che si sono ostinati a picchiare me e mia madre quando non c’era alcun bisogno, eravamo già sotto minaccia delle pistole. L’aggressione è stata pesante, ingiustificata perché fosse finalizzata solo al furto”.
Il giorno dopo l’imprenditrice non ha rinunciato all’importante incontro di lavoro. “Non ho dormito la notte, ho ancora dolori ovunque ma ho deciso di andare lo stesso. Quello che è successo è molto grave e non credo sia mai successo in quest’area, perché proprio a me?”
La titolare dell’Aquapiper ritiene sia stata fondamentale la trattativa con i due aggressori. “Ho cercato di giocaretutto per tutto. Secondo me quando hanno capito che potevo pagarli e che quindi potevano rinunciare a portarmi via hanno preferito prendere i soldi. Mi è costata cara, anche in termini fisici. Non riuscivamo neanche a comunicare, ogni pretesto era buono per iniziare a prendermi a pugni. Poi chiaramente ho cercato di difendermi ed è stato peggio”.
I ladri sapevano come muoversi. “Conoscevano abitudini e particolari nella vita di questa casa. Sapevano come funziona il cancello, sapevano che in questa casa vivo con mia madre e potevo essere una facile preda”. Degli aggressori non sa dare alcuna indicazione. “Erano bestie feroci. Però non erano dei professionisti, mi colpivano, io reagivo e capivo che avevano paura”.
Il figlio Karim Garberini era in vacanza a Parigi,il giorno dopo è tornato. “E’ stato meglio che non ci fosse. Con un uomo in casa che poteva difendermi quelle pistole avrebbero potuto usarle. Un ringraziamento lo devo all’Arma dei carabinieri. Sono arrivati immediatamente e nonostante quanto è successo, con loro mi sono sentita protetta”.
Riflessioni
“Non è giusto che le nostre frontiere siano aperte. Gli altri paesi del Mediterraneo non ospitano tanti albanesi, romeni che entrano da tutte le parti. La legge che limita gli ingressi? insufficiente. In effetti non limita niente. Bisogna dire chiaramente che insieme a tanti lavoratori entra molta delinquenza”.