Palombara – Stefano Valenzi muore a 19 anni, studente modello si spara in testa

stefano2Stefano Valenzi di Palombara Sabina, ex studente dell’istituto tecnico “Alessandro Volta” di Tivoli, muore a 19 anni. Un’altra nottata passata fuori casa, un’altra “ramanzina” della mamma, un’altra delusione. L’ultima. Sabato sera 20 ottobre il ragazzo ha deciso di farla finita con quella vita “buttata” negli ultimi dodici mesi dietro alla droga, proprio lui che a scuola era sempre stato uno dei primi della classe, proprio lui che dal primo al quarto anno di superiori aveva vinto puntualmente la borsa di studio, proprio lui, cintura nera di karate, che nello sport si era sempre fatto valere.
Un colpo di pistola alla tempia, esploso sul balcone della sua abitazione di via del Pisciarello 11, nelle campagne di Palombara, per mettere la parola fine a un’esistenza che non gli piaceva più. Ora la salma di Stefano Valenzi è all’Istituto di Medicina  dell’università “La Sapienza” di Roma per l’autopsia disposta dalla Procura di Tivoli. Solo l’esame potrà sciogliere i mille dubbi che tormentano la famiglia sull’ultima notte del loro ragazzo.

Secondo il racconto fornito dai genitori ai carabinieri della stazione di Palombara Sabina, venerdì sera Stefano aveva cenato insieme alla mamma Elena Speziale, 51 anni, dipendente della Pultra, l’impresa che gestisce l’appalto delle pulizie nel Municipio di via Piave, e al papà Guido, 53, Ota alla clinica “Villa Luana” di Poli. Il fratello maggiore Bruno, 29 anni, ex ufficiale di Marina, era a Napoli.
Alle 22,30 il 19enne aveva salutati i genitori per raggiungere la casa di campagna dell’amico Stefano e con una comitiva di coetanei aveva trascorso la serata ridendo e scherzando. All’una tutti erano rincasati, ma Stefano no. Con chi e dove il ragazzo abbia trascorso la notte non si sa, certo è che sabato mattina mamma Elena non lo ha trovato nel letto e a quel punto ha cominciato a tempestarlo di telefonate e sms al cellulare senza ricevere risposta. Vane le ricerche in zona, inutile anche contattare i suoi amici di sempre: nessuno lo aveva più visto dopo l’una di notte.
Solo verso le sei e mezzo di sabato pomeriggio, quando il marito Guido era al lavoro, Elena Speziale, accompagnata da Marco, un coetaneo di Stefano, aveva rinvenuto la sua Fiat Punto bianca prestata al figlio nei pressi della centrale Acea, nelle campagne di via del Pisciarello.
Valenzi era sul sedile di guida, lo sguardo assente, gli abiti sporchi di fango. “Sono stato da un amico di Moricone, ho dormito lì”, si sarebbe giustificato con la mamma. La donna, però, non se l’è “bevuta”, lo ha riportato a casa e – sempre accompagnata da Marco, l’amico del figlio – ha raggiunto l’abitazione del giovane di Moricone.
Il ragazzo non c’era, ma c’era la mamma che a Elena Speziale avrebbe detto: “Sapevo che avrebbe dormito da voi a Palombara”. Bugie. Così la 51enne ha ripreso la strada di casa, ma quando verso le sette e mezzo ha parcheggiato l’auto si è consumata la tragedia.
Dal balcone al secondo piano della palazzina della famiglia Speziale, Stefano deve aver visto la mamma e l’amico Marco, quindi deve essere entrato in casa per uscirne armato di una pistola Beretta e s’è sparato un colpo alla tempia sinistra. La donna, disperata, l’ha ritrovato in un lago di sangue: inutile il tentativo di tamponare l’emorragia, inutile pure l’intervento dell’ambulanza del 118.
Il 19enne è stato trasportato al pronto soccorso dell’ospedale “San Giovanni Evangelista” di Tivoli, dove è arrivato alle 20,47 e alle 21,34 è stato trasferito d’urgenza al policlinico “Umberto I” a bordo del Centro mobile di rianimazione. Una corsa disperata per salvargli la vita, una speranza morta poco dopo la mezzanotte. Il proiettile calibro 9 per 21 gli era entrato alla tempia sinistra fuoriuscendo da quella destra. Secondo quanto accertato dai carabinieri, l’arma era di proprietà del fratello di Elena, regolarmente denunciata, e la donna la custodiva nell’armadio della camera da letto.

Marcello Santarelli

 

Lo sfogo della mamma: “Da un anno non lo riconoscevo più”

“Io non so cosa, ma sono sicura che venerdì notte Stefano ha assunto droga: e non era roba leggera, era qualcosa che lo ha mandato fuori di testa. Per questo si è ammazzato”.
Elena Speziale è una mamma distrutta. Da sabato sera non ha più lacrime, le ha versate tutte sul corpo esanime del figlio, soccorso sul balcone di casa, poi sulla salma del ragazzo all’Istituto di Medicina legale de “La Sapienza.
Da un anno invece viveva col cuore in gola, perennemente spaventata ogni volta che il suo ragazzo non rispondeva al telefono. Romana di San Basilio, da quarant’anni a Palombara, Elena ha fatto una vita di sacrifici per crescere i suoi due ragazzi, Bruno e Stefano, tanto intelligente quanto fragile.
“Stefano non era un tossico – premette la 51enne – ci cascava qualche volta e così si è rovinato la vita”. Nato a Tivoli il 9 luglio 1993, dopo la scuola dell’obbligo aveva frequentato l’Itis Volta di Tivoli, diplomandosi a luglio scorso con un voto di 78 centesimi. “Per quattro anni – racconta Elena – è stato il primo della classe, ogni anno vinceva una borsa di studio. Poi da un anno a questa parte è diventato un altro”.
Uno Stefano ribelle, con un carattere diverso, con gli occhi diversi, spesso con le pupille dilatate. E quegli strani discorsi sul perché dovesse essere sempre il primo della classe, col conseguente calo nel rendimento scolastico.
La certezza che facesse uso di droga, mamma Elena ce l’aveva avuta una domenica del 2011 in occasione del mercato “Apriti cofano”, una fiera artigianale che si tiene una volta al mese nel piazzale del campo sportivo di Palombara. Fu allora che gli amici di sempre le rivelarono che Stefano non li frequentava più.
Il ragazzo che amava la lettura e le arti marziali praticate tra Marcellina e Palombara, lo studente appassionato di meccanica, pian piano aveva lasciato il posto a quello che usciva di casa di sera per sparire giorni interi. E’ accaduto venerdì scorso, ma era capitato altre quattro, cinque volte, l’ultima ad agosto, quando il 19enne aveva fatto perdere le sue tracce venerdì, sabato e domenica. “Lo ritrovai al piazzale dello stadio e lo presi a schiaffi davanti a tutti i suoi amici – riflette mamma Elena – ma non potevo certo dargli la medaglia”. Alla donna restano mille dubbi, mille rimorsi. “Forse lo rimproveravo troppo – si addolora – ma ho sempre avuto paura della droga, miei amici di San Basilio sono morti per questa merda. Coi figli non sai quando fai bene e quando male”. Elena racconta di tutti i suoi tentativi per tirare “fuori” Stefano.
“Gli dicevo andiamo da uno psicologo o in comunità – racconta – e lui mi rispondeva che non era pronto e che comunque non stava a certi livelli. Ma lo psicologo serve per non farti arrivare a quel punto: era intelligente ma fragile, diceva che riusciva a fare tutto e invece non è stato così. Gli dicevo tu che vai sempre su Internet, guarda gli effetti della droga, se i ragazzi muoiono ogni giorno qualcosa vorrà dire. Una volta mi disse: Mamma tu non puoi giudicare perché non l’hai mai provata. Ti fa sentire forte. E io: Ma quando è finito l’effetto? Restano sempre le bollette da pagare. La vita è un’altra cosa. Gli ripetevo: Stefano, non mi dare problemi. E lui: Ma’, non ti preoccupare. Tu non riesci a capirmi, sei antica, hai un’altra visione della vita. E io: Stefano, noi non siamo ricchi ma siamo nati sani e questo vale più di tutto. Ci parlavo tanto, ma evidentemente lo coinvolgeva di più quella robaccia che assumeva. Non so se gli piacesse, ma so che i ragazzi ne sono attratti”.
Nell’ultimo anno Stefano si era fidanzato con Elena, una diciassettenne di Moricone studentessa dell’istituto Isabella d’Este di Tivoli. L’amore per la ragazza aveva fatto ben sperare la mamma, come pure la sua voglia di mandare curriculum e attendere il concorso per l’accesso nell’Esercito, così come il desiderio di iscriversi in palestra per fare pesi.
“Venerdì mattina – puntualizza Elena – aveva coinvolto anche il padre ad allenarsi insieme e invece la sera è sparito di nuovo”. Il pensiero torna inevitabilmente al suicidio, a ogni volta che ha sognato il funerale del figlio, a quando lui raccontava a lei e agli amici più intimi di essere stanco di questa vita, al fatto che il ragazzo si è procurato il caricatore e un proiettile adatti alla pistola dello zio.
“Tragedie così non devono capitare a nessuno, ma soprattutto a chi come noi ha dedicato una vita alla famiglia – si sfoga – Perché Dio non mi ha ascoltato? Non me lo doveva levare così questo figlio, io non vivo più. Non sono mai stata una mamma cattiva, Dio non me lo doveva fare”.
“Perché Stefano l’ha fatto? Per non farmi soffrire? Così non mi ha levato un problema, anzi mi ha lasciato mille dubbi: lui è stata la cosa più bella e sana della mia vita. Vorrei che la sua morte serva a qualcun altro per capire che fine ti fa fare la droga. Vorrei fare dei manifesti con la faccia dilaniata di Stefano per far comprendere ai ragazzi che fine si può fare. Non è possibile morire così. Non sono riuscita a salvare il mio, vorrei salvare almeno i figli degli altri genitori: aiutateli, salvateli, anche se so che è difficile se i ragazzi non vogliono”.

(ma. sa.)

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