Il tennista Djokovic pronto per la politica

Il tormentone svela nell’espressione “campione” qualcosa di più e indesiderato che esce dai canoni del conformismo

La questione ribattuta mille volte nei notiziari riguardante le sorti del tennista serbo raccoglie diverse questioni di grande attualità. 1) Innanzitutto lo strapotere mediatico di alcuni personaggi che inevitabilmente travalica i limiti posti dalla legge. 2) C’è poi il problema dei diversi poteri in conflitto in una democrazia moderna. 3) Ma di grande attualità oltre che di pragmatismo c’è il senso di alcune normative di tutela contro la diffusione del Covid: Djokovic è una minaccia perla salute a Merlbourne? 4) A condensare quelli precedenti c’è sempre la grande esposizione mediatica che forma due fronti di favorevoli e contrari: Questa situazione data può formare una nuova leadership? In Serbia il rifiuto a vaccinarsi è una pratica assai diffusa. Quindi sul diritto al dissenso su cui si caratterizza un popolo può dare il via a una carriera politica al tennista che è prossimo a lasciare lo sport a un certo livello?

Tematiche esplosive solo in apparenza. A guardar bene tutte le questioni si sciolgono facilmente guardandole con meno animo e più distacco. E allora, nel primo caso, il Novecento ci ha insegnato che nel mondo delle arti, come dello sport, non sono mai mancati i personaggi trasgressivi che rischiavano di porsi come modello deviante per la società. Ma non è mai successo. La condizione di eccezionalità in cui evidentemente sono posti questi personaggi li pone in un ambito di esistenza del tutto speciale per cui difficilmente possono fornire un invito alla sovversione.

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Sul secondo quesito – Si sono giustamente evidenziate le goffaggini del campione per apparire un’eccezione nella regola perché precedentemente affetto da Covid – versione sicuramente falsa. Non si è sufficientemente messo in relazione però dell’interesse per l’Australian Open di avere il più grande campione del mondo nel torneo. È evidente, quindi, che la goffaggine è stata anche evidenziata tra i diversi poteri in Australia: il potere dello Sport contro quello della giustizia ordinaria. Ma, si sa, la democrazia si caratterizza come espressione di conflitti di diversi comparti che rappresentano l’interesse pubblico.

Terza questione – se si voleva continuare nell’azione di tutela dal Covid e insieme preservare l’interesse sportivo all’evento degli Australian Open si poteva programmare per Djokovic un percorso in cui non avrebbe fatto incontri. Il tennis non è uno sport di contatto fisico.

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In ultima istanza – In questo pandemonio Djokovic ha messo in discussione la sua simpatia di personaggio ma per acquistarla nel suo paese, la Serbia, dove in effetti si manifesta per lui. Ma qui si dovrebbe consigliare al tennista di desistere. Cambiando sport non si riescono mai a replicare i grandi successi. Nella politica come in qualsiasi attività dove si hanno responsabilità pubbliche le insidie sono molte di più che nel tennis.

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