TIVOLI – Sequestra e sevizia l’ex della fidanzata, condannato

Notte da Arancia Meccanica: un 35enne tenuto in ostaggio e violentato per aver “sparlato” della ex fidanzata. Ritorsione punita con pene di 9 e 8 anni. I difensori protestano: “Processo indiziario”

Per come l’hanno ricostruita gli inquirenti, la storia ricorda il film “Arancia Meccanica”. Un uomo “sparla” della ex, il nuovo compagno lo attira in una trappola, tenendolo in ostaggio una notte intera per seviziarlo e violentarlo sotto l’ebbrezza della cocaina insieme ad un complice.

Di sicuro è una vicenda giudiziaria destinata a far parlare quella che si è conclusa mercoledì 9 marzo al Tribunale di Tivoli con una sentenza di primo grado di condanna a carico di due imputati per reati gravissimi.

UNA SENTENZA ESEMPLARE: CONDANNE A 9 E 8 ANNI DI GALERA

Il Collegio presieduto da Nicola Di Grazia ha condannato a nove anni di reclusione per sequestro di persona, violenza sessuale di gruppo, lesioni gravi e stalking nel periodo compreso tra il primo febbraio 2017 e il 9 ottobre 2019 Giampiero N., un 37enne pregiudicato di Subiaco, al quale è stata applicata anche la libertà vigilata per un anno una volta espiata la pena, oltre all’interdizione dai pubblici uffici.

Per gli stessi reati – escluso lo stalking – i giudici hanno condannato a 8 anni di carcere Nicolas S., 33enne incensurato anche lui di Subiaco, per aver spalleggiato l’amico nella notte di orrori ai danni di un coetaneo e compaesano.

Il Tribunale ha inoltre disposto la trasmissione degli atti in Procura per la fidanzata di Giampiero N., anche lei sublacense, accusata di falsa testimonianza durante il processo.

FATTO NON DENUNCIATO, FU SCOPERTO DALLE INTERCETTAZIONI IN UN’INDAGINE ANTIDROGA

La donna è al centro di una torbida vicenda che si è consumata a Subiaco la notte del primo febbraio 2017 nella taverna dell’abitazione di Giampiero N., paziente psichiatrico in cura al Cim con seminfermità mentale e capacità di intendere e di volere fortemente scemata, attualmente detenuto in carcere per una sfilza di altri reati.

La storia fu scoperta soltanto a due anni e mezzo di distanza dai carabinieri di Subiaco nell’ambito di un’indagine antidroga, perché la vittima, un 35enne sublacense conoscente dei due presunti aguzzini, fino ad allora non aveva denunciato. Furono i militari dell’Arma durante le intercettazioni telefoniche ad ascoltare dalla viva voce di Giampiero N. le sevizie perpetrate ai danni dell’uomo che aveva avuto una breve relazione sentimentale con la compagna del pregiudicato, della quale avrebbe parlato male, una volta terminato il rapporto. Nei bar e nei locali del paese il 37enne si vantò di quella notte da “Arancia Meccanica” e al telefono raccontò di aver perfino costretto il rivale in amore ad un rapporto orale.

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IL MOVENTE: UNA RITORSIONE PER LE CHIACCHIERE MESSE IN GIRO SULLA EX FIDANZATA

A quel punto, gli investigatori convocarono la vittima, un bel ragazzo dal fisico atletico, per essere ascoltato a sommarie informazioni. L’uomo confermò tutto, raccontando per filo e per segno come era andata.

Stando alla sua deposizione, quella sera Giampiero N. lo avrebbe attirato nella taverna della propria abitazione con l’inganno per chiarire la vicenda. La vittima si presentò con un coltello a lama aperta nascosto nella tasca, ma fu sopraffatto dal rivale e dal complice, che erano insieme alle rispettive compagne. Una volta neutralizzato a pugni e calci e disarmato, i due imputati avrebbero chiuso a chiave la porta della taverna e dato inizio alla notte di sevizie e crudeltà. Col coltello sottratto al rivale, Giampiero N. lo avrebbe colpito con dieci fendenti, e in un caso avrebbe affondato la lama intera nella coscia. Armato di falcetto, pure Nicolas S. avrebbe infierito col diversi colpi alle gambe, ai glutei e alla spalla.

Sette ore di sevizie, fino a quando il giovane fu liberato e rimandato a casa. Nessuna denuncia, nessun accesso in ospedale, nonostante le ferite dichiarate. Ferite che i carabinieri repertarono in sede di deposizione fotografando sia le cicatrici che un pantalone della tuta che la vittima asserì di indossare la notte di violenze subite due anni e mezzo prima.

Nell’udienza finale del processo celebrata mercoledì 9 marzo la Procura ha chiesto pene esemplari, dodici anni per Giampiero N. e otto per Nicolas S.

I LEGALI DEGLI IMPUTATI PROTESTANO: “UN PROCESSO INDIZIARIO”. E RIFIUTANO DI DISCUTERE

Mercoledì in aula i difensori di Giampiero N. e Nicolas S., gli avvocati Maurizio Bogino e Flavio Nicolai, per protesta nei confronti della Corte hanno rinunciato alla discussione finale prima della camera di consiglio e della sentenza.

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Oggetto della protesta: la mancata perizia sulla tuta indossata dalla vittima e acquisita dai carabinieri.

“E’ stato un processo indiziario – commentano gli avvocato Bogino e Nicolai – fondato esclusivamente sulle dichiarazioni della parte offesa. Una parte offesa che non ha mai denunciato i fatti pur essendo parente di un rappresentante delle forze dell’ordine.

Che non si è mai recata in pronto soccorso per medicare ferite, a suo dire profonde da rischiare il dissanguamento.

Che non si è costituita parte civile e che è venuta a testimoniare in aula scortata dai carabinieri.

Sempre in aula ha riferito di essere stato costretto a denudarsi, negando di aver subito un rapporto orale”.

“La prova si forma in dibattimento – spiegano i due legali – ma in questo processo non è emerso alcun elemento che certificasse in maniera scientifica quanto sostenuto dalla parte offesa. Abbiamo richiesto al Tribunale un accertamento peritale sulla tuta che ci è stato negato: se sull’indumento fosse stato rilevato sangue della vittima non ci sarebbero stati dubbi sulla colpevolezza dei nostri assistiti, ma se non vi fossero tracce il discorso sarebbe stato diverso.

Allo stesso modo non è stata accolta la nostra richiesta di perizia sulle cicatrici documentate fotograficamente dai carabinieri. Nemmeno le nostre indagini difensive sono state ammesse. Eravamo riusciti a far dichiarare inammissibili le intercettazioni telefoniche dalle quali è originato questo processo, ma all’udienza successiva il Tribunale ha contraddetto sé stesso annettendole al fascicolo”.

“Siamo amareggiati – concludono gli avvocati Bogino e Nicolai – per una questione di principio abbiamo rinunciato alla discussione finale prima della sentenza: sarebbe stato fiato sprecato. In un processo per reati così gravi il Tribunale aveva il dovere di effettuare tutti gli accertamenti necessari per dimostrare la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Ricorreremo in Appello e, se necessario, anche alla Corte Europea”.

Le motivazioni della sentenza saranno pubblicate tra 90 giorni.

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