GUIDONIA – “Io, ostaggio di sette rapinatori in casa mia”

Intervista a Marina D’Alessio, l’imprenditrice proprietaria della “Buca” di Setteville. Nel 1976 fu sequestrata dalla “Banda dei Marsigliesi”

“La magistratura italiana si deve adeguare ai tempi.

Non è possibile che un cittadino non possa vivere sereno in casa propria nonostante le inferriate e 14 antifurti.

Poi se il padrone di casa spara, va in galera”.

L’ingresso della tenuta di via Casal Bianco a Setteville di Guidonia

E’ un fiume in piena Marina D’Alessio, la 71enne nota imprenditrice edile che nella serata di domenica 9 marzo è stata sequestrata e derubata nella sua villa a Guidonia insieme al marito, ai domestici e ai loro bambini (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).

La “Buca di Setteville”, il rudere che affaccia sulla via Tiburtina

Marina D’Alessio, proprietaria della cosiddetta “Buca di Setteville”, è figlia del compianto costruttore e cementiere Domenico D’Alessio, a nome del quale la 71enne ha donato alla Città di Guidonia Montecelio la stele in travertino presente all’interno della rotatoria di via Casal Bianco davanti al casello autostradale che ospita il G91-T, il velivolo militare biposto inaugurato il 25 novembre 2012.

L’articolo del quotidiano “L’Unità” del 13 febbraio 1976 sul rapimento di Marina D’Alessio

La rapina in villa ha riportato l’imprenditrice a 49 anni fa, quando fu rapita nel garage della sua residenza di via Nomentana a Montesacro dalla “Banda dei Marsigliesi” e tenuta in ostaggio per un mese fino al pagamento di un riscatto miliardario da parte del padre Domenico.

A farla precipitare in un passato doloroso sono stati sette uomini armati e incappucciati che hanno sorpreso Marina D’Alessio, il marito imprenditore Franco Righi e i governanti coi loro bambini nella grande tenuta di via Casal Bianco, nel quartiere di Setteville, dove i coniugi costruttori si sono trasferiti da pochi mesi.

Signora D’Alessio, come sta?

“Stavo molto meglio prima, perché io da Roma mi ero trasferita a dicembre. Volevo stare un po’ serena ma …”.

Secondo lei i banditi sapevano che si era appena trasferita?

“Certo, lo sapevano sì, io stavo ristrutturando la casa da tre anni. Sapevano tutto”.

In che modo hanno fatto irruzione in casa?

“Le dico la sincera verità. Io ero arrivata alle 19,22 a casa di ritorno da Roma, ero stata da mio figlio. Loro alle 19,42 sono entrati dentro casa passando dalla cucina. Sono andata al piano di sopra per cambiarmi, appena scesa dalle scale, mi sono girata e me li sono trovati davanti.

Mio marito si è trovato la pistola alla tempia. Non abbiamo fatto in tempo a inserire tutti gli antifurti che abbiamo.

E’ chiaro che i ladri aspettavano me per bloccarci, poi hanno bloccato anche i nostri custodi. Infatti mio marito era a casa da sabato, sarebbero potuti entrare quando c’era lui e invece hanno atteso me.

LEGGI ANCHE  GUIDONIA - Sfregiato il monumento agli Alpini caduti

Sapevano tanti particolari che siamo rimasti sorpresi”.

E’ stata una rapina violenta?

“Devo dire che loro non sono stati violenti. Ma se io avessi avuto la pistola, avrei sparato. Siamo stati un’ora sequestrati dentro la camera controllati da uno con la pistola che guardava me, mio marito, la coppia di domestici e le loro due figlie.

Quindi dentro casa hanno fatto quello che hanno voluto”.

Vi hanno legati?

“No perché mio marito gli ha detto: “Fate quello che dovete fare, prendete quello che dovete prendere, però vi ricordo che mia moglie ha problemi cardiaci, quindi comportatevi bene”.

Diciamo che poteva andare peggio, se penso che a molti hanno messo le mani addosso e li hanno picchiati.

Per fortuna a noi no.

Ci hanno messo dentro una camera, abbiamo chiesto l’acqua e ce l’hanno portata”.

Parlavano italiano?

“Tra di loro parlavano una lingua che secondo me era slavo o qualcosa del genere. Non avevano telefonini, ma delle trasmittenti attaccate al collo per comunicare tra loro. Con noi parlava soltanto quello che ci teneva sequestrati in camera sotto la minaccia della pistola: parlava italiano discretamente ma si sentiva che era straniero”.

Saprebbe descrivere i banditi?

“Erano tutti vestiti di nero coi guanti, i cappelli in testa e i passamontagna: si vedevano soltanto gli occhi. Io a un certo punto mi sono sentita male.

Consideri che io a 22 anni sono stata sequestrata tenuta ostaggio dentro una tenda, invece questi hanno girato per un’ora tutta casa mia: è stata una violenza fisica”.

La rapina in villa è stata una esperienza peggiore del sequestro?

“Ho rivissuto il dramma di 49 anni fa, era lo stesso periodo: fui rapita il 12 febbraio del 1976 e rilasciata il 13 marzo 1976. All’epoca non sapevo neanche se sarei tornata a casa o se mi avessero ammazzata.

Tanti sequestrati pagarono senza fare ritorno dalle loro famiglie: io sono stata fortunata, mio padre pagò e fui liberata.

La rapina non è peggio del sequestro, ma è quasi uguale. Un conto è rientrare in casa e trovarla a soqquadro svaligiata. Un altro è essere presenti, stare lì e vedere questi che ti portano via le tue cose.

Hanno preso le federe dei cuscini dei miei divani nuovi per portare via l’argenteria, neanche un sacco hanno portato per andare a rubare. Ero sul punto di dirgli: “Guarda che macello che mi avete combinato”.

Ora come vive nella sua tenuta a Guidonia?

“La vivo che appena entro in macchina nella proprietà installo tutti gli antifurti. I primi tempi sono stati brutti, consideri che mi ero trasferita da due mesi e stavo ancora sto coi pacchi per casa”.

LEGGI ANCHE  GUIDONIA - Judo al Parco, una mattinata all’insegna dell’inclusione

La notte riesce a dormire?

“Dormo un po’ male, stiamo sempre sul chi vive, però che dobbiamo fare? Ci siamo organizzati al massimo, ci stiamo organizzando ancora di più. Però non mi sembra giusto che uno a casa sua non possa stare sereno, io non so come stanno le indagini perché non dicono niente.

Certo è che se dentro casa ti si presentano 7 delinquenti, cosa sono venuti a fare?

A dirmi buongiorno? Io penso che la magistratura si debba adeguare ai tempi. Siamo arrivati al punto che nonostante le inferriate e 14 antifurti non puoi stare sereno in casa. Manca solo il mitra.

Ma questa è democrazia? Io non la chiamo democrazia Oppure uno deve andare in giro con la pistola? Che poi se spari, vai dentro Loro vengono tranquillamente in sette tutti bardati, con le pistole e i passamontagna, a casa mia.

Che ci venite a fare? A chiedermi come sto?”.

Il sequestro del 1976 come finì?

“Fu presa la banda, erano 36 persone, il processo si celebrò nell’aula bunker del Foro Italico. Ma all’epoca non abbiamo recuperato un soldo”.

Come pensa che finirà il caso della rapina in villa?

“Non lo so. Stanno facendo le indagini, ma a noi ancora non hanno detto niente. Mi auguro che le facciano bene le indagini perché adesso tutti i giorni c’è una rapina in casa.

Uno lavora una vita, realizza una casa come vuole e deve aver paura a starci dentro: questo succede solo in Italia perché da un’altra parte gli tagliano le mani così almeno si riconoscono che vanno a rubare.

E’ stata una cosa violenta: sono venuti in sette, sono entrati in fila, non finivano mai, sembravano le cavallette. Un commando”.

I ladri hanno portato via pure l’hard disk del sistema di videosorveglianza?

“Non ci sono riusciti. Ma tanto con le telecamere come fai a vedere di notte sette uomini tutti vestiti di nero, tutti incappucciati e tutti con le stesse pistole: si può dire che neanche da vicino è possibile riconoscerli.

E’ possibile vedere soltanto come entrano e quando escono, ma non si vedono in faccia.

Da noi sono entrati e usciti da via Casal Bianco, c’era un’auto fuori ad attenderli. Prima di andare via, hanno messo i nostri cellulari da una parte e ci hanno detto: “Tra mezz’ora potete dare l’allarme, ma aspettate mezz’ora perché sennò noi ritorniamo”.

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.