di Elena Giovannini (foto di Gianni Coccia)
Occhi che girano, teste che si alzano e abbassano, mani che salutano, mazze che battono sui tamburi. Dietro il miracolo dei giganti di cartapesta che prendono vita c’è il genio e la creatività di Franco Stragapede, l’uomo che da 40 anni insieme ai suoi fedelissimi Tullio De Santis e Ermanno Meloni – e negli ultimi anni a tanti nuovi allievi – inventa e realizza l’anima di leve e pistoni, ingranaggi e motori che si nasconde nella pancia del carro.
Settant’anni appena compiuti, papà di due figlie e da poco anche nonno, Franco è un uomo di poche parole, carrozziere di giorno, carrista di notte. Lavoratore instancabile, alle chiacchiere preferisce viti e bulloni, ma sul carnevale non può tirarsi indietro, in fondo è stato proprio lui uno tra i “papà” della festa: era il 1980 quando con un gruppo di amici diede vita alla prima sfilata, occupando uno stabile davanti casa sua in via Moris – dove oggi sorge la biblioteca – motivo per cui si “beccò” anche una denuncia dal comune. “L’audacia” della gioventù, ma anche la voglia di inseguire un sogno che oggi è diventato realtà ed è la più grande festa della città. A 40 anni dal quel giorno le sue parole ci raccontano come è andata la storia.
Franco come è nata l’idea del carnevale?
Avevamo 30 anni e con il mio gruppo di amici sentivamo che mancava qualcosa a Guidonia: così nacque l’idea di proporre una sfilata di carnevale. I primi carri erano in cartone, facevamo il giro di tutti i negozi della città per farci dare gli scatoloni. Non avendo una sede occupammo un vecchio stabile abbandonato, in via Moris per realizzarli. Poi grazie a mia sorella coinvolgemmo gli scout del Guidonia 1 che portarono tanti ragazzi, fu un successo.
Come fu la prima sfilata?
Storica, soprattutto perché era una cosa mai vista e inaspettata, tutti scesero in strada. Abbiamo sfilato dal piazzale dove oggi è la Q8 (Bar Cecili) fino alla stazione, con un carro di cartone, l’Arca di Noè e dietro un piccolo carro “il Totem”.
Sono passati quarant’anni. Cosa è cambiato da allora?
Siamo migliorati molto a livello tecnico dei meccanismi e della lavorazione della cartapesta. Cresciamo ogni anno e si aggiungono sempre nuovi gruppi in maschera. Certo ci sono stati anni difficili, per un periodo non avendo una sede dove lasciare i carri ogni anno bisognava ricominciare da zero.
Ci sono stati degli anni in cui si è rischiato di far “saltare” il carnevale?
Ci sono stati momenti difficili ma li abbiamo superati tutti, l’anno che ci hanno rubato tutte le attrezzature per qualche momento ho pensato che non ce l’avremmo fatta. L’aiuto e la vicinanza di tanti cittadini ci hanno dato la forza di continuare e siamo ancora qui: il carnevale non può morire.
Tu ti occupi soprattutto della meccanica, come si fa a far muovere un gigante di cartapesta di queste dimensioni?
Si parte dall’idea iniziale del carro e la progettazione di cui di solito si occupa Paolo Aprile. Poi in squadra, tutti insieme ci mettiamo all’opera. Usiamo motori a batteria, pistoni, ruote dentate e carrucole, tutti materiali di recupero presi alla mia carrozzeria o allo sfascio.
All’inizio come hai imparato a realizzare i meccanismi, hai avuto dei maestri?
Abbiamo iniziato da zero, non c’erano maestri e non c’era neanche internet. Grazie alle mie competenze di carrozziere e tanti tentativi alla fine abbiamo perfezionato i meccanismi riuscendo negli anni a creare opere sempre più complesse.
Il carro più difficile e fantasioso che hai realizzato in questi anni?
“La Strega” nel 1990, con una grande altalena all’interno e un sistema di carrucole e corde faceva muovere braccia e testa. Seduto sull’altalena “al comando” c’era Gianni Brachitta – attuale presidente del comitato ndr –. Ci vollero due mesi di lavoro per realizzarlo.
Quale è il segreto di un meccanismo perfetto?
La creatività: ogni volta è una sfida, si parte da un’idea che sembra difficile o quasi impossibile da realizzare e poi si studia insieme un modo per realizzarla, si fanno più tentativi. È un lavoro di gruppo in cui ognuno mette la sua parte.
Oggi ci sono giovani che vogliono imparare quest’arte?
Negli anni sono entrate tantissime nuove leve, ragazzi che con impegno seguono i nostri passi e si sporcano le mani. Abbiamo visto crescere molti bambini e diventare uomini, oggi portano qui i loro figli: è la più bella soddisfazione, continuare a costruire insieme il carnevale di domani, finchè c’è questo spirito il carnevale non morirà mai.
Si è mai verificato qualche imprevisto?
Succede sempre qualcosa! Nel 1985 due ore prima della sfilata uno di noi stava facendo una saldatura dell’ultimo minuto e una scintilla ha appiccato il fuoco a una grande colomba rivestita di ovatta, che si è bruciata in pochi istanti. I bambini piangevano e noi la abbiamo ricostruita in due ore per far uscire il carro. Per fortuna non si è mai fatto male nessuno.
Quale è stata secondo te l’edizione più bella in quarant’anni di storia?
Sono tutte bellissime e speciali. Perché non è bella l’edizione in sé ma lo spirito che c’è dietro la festa, i bambini, le persone che lavorano, i volontari. L’armonia che si crea, il gruppo, questa grande famiglia.
Dopo questa edizione ti fermerai?
Assolutamente no! Il carnevale è la mia seconda famiglia finchè il Padre Eterno e tutti questi giovani mi danno la forza di andare avanti, io non smetterò mai. Anzi continuo a sognarlo ancora più bello…
Più bello di così?
Siamo sempre stati dei sognatori, altrimenti non saremmo qui. Abbiamo sognato in grande sin dall’inizio e siamo convinti che si possa fare ancora di più e meglio. Servirebbe l’aiuto di tutti e più collaborazione da parte delle istituzioni, abbiamo visto passare decine di sindaci e assessori, ma mai nessuno ci ha aiutato davvero: per anni sono andato in comune a chiedere aiuto, quando mi vedevano dicevano “Ecco è arrivato carnevale!” ma loro sono passati, noi siamo rimasti sempre qui.
Cosa sogni per il futuro del carnevale di Guidonia?
Sarebbe bello avere un aiuto dal comune per questa realtà. Non vogliamo soldi, ci basta un aiuto materiale e sapere che possiamo contare sull’appoggio e la collaborazione delle istituzioni, ad esempio per un ampliamento della nostra sede, la potatura degli alberi o il taglio di alcuni fili che da sempre ostacolano il passaggio di carri alti (come il filo elettrico all’Emme Più).