Caso Regeni, problemi di notifiche, bloccato il processo

La procura: i 4 funzionari egiziani finti incolpevoli

Il giorno che sarebbe dovuto partire è stato sospeso. Dovrà ripartire da zero il processo sulla morte di Giulio Regeni. Anzi si riparte dall’udienza preliminare che aveva portato davanti alla Corte d’Assise quattro  funzionari dell’intelligence egiziana accusati della morte del ricercatore friulano. Il 14 ottobre dopo quasi sette ore di camera di consiglio, i giudici della Corte d’assise di Roma hanno accolto l’istanza di sospensione presentata dai legali dei quattro imputati. In base alla loro tesi: non ci sarebbe prova della notifica del processo. E la legge permette di sospendere un processo fintanto che non vi sia l’assoluta certezza che gli imputati siano stati informati del procedimento a loro carico.

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Davanti ai giudici invece il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco aveva dichiarato che i quattro della National security agency sono “finti incosapevoli”, che da parte della Procura di Roma fosse stato fatto tutto il necessario per informare gli imputati e che la non elezione del domicilio sarebbe una “strategia per sfuggire al processo”.

Erano presenti in aula anche i genitori di Giulio, Claudio Regeni e Paola Deffendi. La presidenza del Consiglio dei ministri, a poche ore dall’udienza e contro la richiesta della famiglia della vittima, si era presentato parte civile. Lo scorso maggio la Procura di Roma, dopo cinque anni di indagini, ha rinviato a giudizio quattro esponenti dei servizi segreti egiziani per aver  sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni, tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016. Il ricercatore dell’Università di Cambridge era in Egitto per compiere uno studio sui sindacati.

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