“Che fare?”

Le vie di seta che suggeriscono il giusto approccio con il nuovo Afghanistan restano nella sfera teorica, la certezza sarà che avremo nuovi profughi

 

‘Non siamo insensibili al dolore che ci arriva dall’Afghanistan’. I commentatori, tra i quali anche i soggetti della politica, ripetono in altre parole questo concetto. Le immagini dei bambini lanciati oltre la rete affinché trovino posto in aereo per il volo della speranza sono agghiaccianti. Quel che dovremo aspettarci a breve sarà un esercito di nuovi profughi che stavolta nessuno potrà disconoscere come tali.

Il problema siamo noi, Occidente, impreparati come pensiero condiviso e trasmesso a capire questa nuova realtà. Cosa aggiunge allo scacchiere economico e politico-militare questo nuovo governo di un paese con così tante risorse minerarie? (Si parla qui di pensiero condiviso, divulgato, perché incombe la dietrologia: il sospetto di ben altre logiche che possano trarre profitto dalla nuova situazione e possano aver contribuito a produrla).
Il processo di secolarizzazione del mondo talebano ipotizzato dall’uso dei mezzi di comunicazione più in voga potrebbe non essere peregrino. La quantità e la modalità di informazioni ricevute inevitabilmente interagisce con la qualità della vita e dello sguardo con cui la si vede.
Ma tornando allo sfruttamento delle ricchezze naturali, l’universalità del mercato e dei soldi potrebbe far decidere a tanti combattenti di posare l’arma per dedicarsi alla ragioneria.
Ma sono comunque speranze che si proiettano in dimensioni futuribili. Non danno risposta a chi fugge ora e a chi vuole fuggire, così non consolano quelle donne che hanno iniziato a vestire il burqa per paura.
Ed è a questo soffocato grido di dolore che si dovrà dare ascolto. E le paginate sotto l’ombrellone non bastano. Tantomeno servono le parole dell’ex premier Giuseppe Conte che sostiene essere in atto una normalizzazione dei talebani per normalizzare rapporti che debbono invece costruirsi. Come premier aveva sottoscritto La Via della Seta e si era posto come pontiere per la Cina nelle nostre sedi. Ora vuole farlo nell’intero scacchiere internazionale. (S’è montato la testa).

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