GUIDONIA – Anni di Piombo e Desaparecidos, il Procuratore in cattedra

Lectio Magistralis di Francesco Menditto agli studenti del Liceo scientifico “Majorana”

All’interno del Corso “La giustizia adotta la scuola”, progetto M.I., a cura della Fondazione Vittorio Occorsio di Roma, in collaborazione con la Procura di Tivoli, si è tenuto il secondo incontro presso il polo Liceale e Tecnico di Guidonia Montecelio.

Nell’ Auditorium “Mario Verdone”, circa duecento studenti hanno assistito ad una lectio magistralis del dottor Francesco Menditto, Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Tivoli.

Alla presenza di diversi docenti, dei coordinatori Antonella Grippo, Tiziana Terzulli, Martina Meleleo ed Eusebio Ciccotti.

Il Procuratore ha proposto una carrellata storica soffermandosi sul cambiamento politico e culturale della società italiana, nella seconda parte del secolo scorso, in parallelo alla propria formazione scolastica e universitaria. Ossia, Menditto ha raccontato alle ragazze e ai ragazzi di oggi, su richiesta dei docenti, come egli, adolescente degli anni Settanta, visse l’eco della “rivoluzione culturale” del ’68, la contestazione, gli scioperi, le lotte sindacali, il terrorismo, incluse le stragi di Stato dei due decenni successivi.

E, successivamente, come il Procuratore abbia poi ri-letto questa parte della Storia italiana nelle vesti di studioso del diritto e magistrato.

Menditto, nell’introduzione alla sua conversazione, ha condiviso con i ragazzi anche il terribile ricordo, come testimone indiretto, allora ventenne, di un assassinio avvenuto all’interno dello stabile in cui abitava con la famiglia.

Un giorno di ottobre del 1978, “sentii dalla mia cameretta, mentre studiavo, tre chiari e netti colpi: ta-ta-ta. Poi sapemmo che venivano dal garage del palazzo. Avevano assassinato, il professor Alfredo Paolella, docente universitario di Antropologia Criminale, solo perché collaborava con i magistrati per il suo lavoro”.

Il feroce assassinio fu rivendicato dai terroristi marxisti di Prima Linea. Oramai si viveva dentro quel periodo poi chiamato degli “anni di piombo”.

Il relatore, richiamando alla memoria esecuzioni terroristiche nei riguardi di magistrati e poliziotti da una parte e stragi di Stato dall’altra (da Milano -1969-, con “17 morti e 80 feriti”; a Brescia -1974-, a Bologna -1980), ha spiegato agli studenti le differenze ideologico-politiche tra le due tipologie di terrorismo.

LEGGI ANCHE  MONTEROTONDO - Si cercano ordigni bellici, parchi e strade chiusi 10 giorni

Come anni di indagini e processi abbiano stabilito che le stragi di Stato provengono da estremisti di destra, mentre attentati ai singoli magistrati e politici (Francesco Coco, 1976, Aldo Moro, 1978, Vittorio Bachelet, 1980, n.d.r.) quasi sempre da estremisti di sinistra (per es. le Brigate Rosse), anche se poi ci furono magistrati (Vittorio Occorsio, 1976, e il giudice Mario Amato, 1980, n.d.r.) assassinati da terroristi neofascisti.

Entrambi i terrorismi – ha specificato Menditto – sono da condannare”.

Lo stragismo di Stato in Italia ha consentito un aggancio comparativo al periodo storico che visse l’Argentina negli anni Settanta, dopo il golpe del 1974, con la tragedia dei desaparecidos, ossia dei giovani dimostranti che venivano arrestati e fatti sparire.

Insieme a loro, sovente anche le mamme e i papà se considerati di sinistra. Menditto, che ha studiato questo fenomeno recandosi in Argentina, ha fatto da tramite con un ricercatore, Miguel “Tano” Santucho, consentendo così agli studenti un collegamento audio-video in diretta con Buenos Aires.

Miguel Santucho: “Sono nato nell’ottobre del 1975. Ricordo che il 24 marzo del 1976 in Argentina ci fu il colpo di Stato e si instaurò una dittatura di stampo fascista.

Chi si opponeva e manifestava veniva arrestato e spariva. il 13 luglio del 1976, mia madre che aspettava un altro figlio o figlia, viene rapita insieme a mia zia, nel nostro appartamento, e da allora è “desaparecida”.

Io che avevo nemmeno due anni, vengo miracolosamente portato all’estero da una amica, e raggiungo mio padre, dissidente, in Italia”.

Miguel, all’età di cinque anni, con suo padre si trasferisce in Messico, dove vi sono molti rifugiati politici argentini. Poi tornerà in Italia e abiterà a Roma, sino a diciassette anni.

LEGGI ANCHE  GUIDONIA - Rifiutò di indossare la mascherina al concorso, militare assolto

Successivamente – ha ricordato Santucho – comincio a mettere a fuoco, seppur confusamente, cosa significhi essere figlio di una desaparecida. Torno in Argentina, parlo con mia nonna anziana, entro in contatto con le altre nonne (abuelas) di Plaza de Mayo, per capire il senso della mia vita, ricostruire i pezzi che mancano.

Realizzo che sono molti nella mia condizione: hanno fratelli e sorelle che il regime ha strappato alle loro madri prima incarcerate e, dopo il parto, fatte sparire. I neonati venivano dati in adozione ad altre famiglie”.

Intanto la dittatura continuava e molti ragazzi e ragazze che contestavano sparivano nel nulla: ecco il “genocidio dei desaparecidos”.

Le mamme, disperate, scendevano in piazza per protestare silenziosamente, poiché i loro figli e figlie non erano più tornati a casa dopo gli arresti, dopo i controlli di polizia, spesso pretestuosi. E ufficialmente non erano in nessuna prigione. Quei figli non li avrebbero mai rivisti. Scomparsi per sempre.

Queste donne – ricorda Miguel – si mettevano in testa i pezzi di tela con cui erano fatti i pannolini dei bambini di allora, legati a forma di fazzoletto: diverrà poi il loro simbolo di libertà, democrazia e rispetto umano.

In Plaza de Mayo le mamme dimostravano, ma erano strettamente controllate dall’esercito e dalla polizia. Erano costrette a camminare continuamente.

La polizia ordinava loro, appunto, di “circolare”, poiché era vietato stare fermi; avrebbero causato l’assembramento dal quale si potevano generare eventuali contestazioni di massa”.

(Pausa). I ragazzi ascoltano in un silenzio assoluto.

Nel 2022 sto ancora cercando mio fratello o mia sorella. Ci sono ancora 300 adulti tra i 40 e i 45 anni che non conoscono i loro genitori reali”. Un caloroso applauso chiude la testimonianza di Miguel “Tano” Santucho.

Appuntamento ad ottobre con “La giustizia adotta la scuola”.

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.