“La scuola possibile” di Paola Prandi: il teatro dei ragazzi entra nei licei e diventa paradigma educativo

 

L’autrice
Nata a Reggio Emilia, si è trasferita a Roma nel 1986. Laureata in Lettere, ha dedicato alla scuola 40 anni di attività confrontandosi con realtà culturali diverse nelle scuole serali, nelle scuole medie inferiori, al BUS – TCS di Reggio Emilia e nei licei, tra cui l’Istituto G. Peano, liceo scientifico di Monterotondo. Ha affiancato all’insegnamento incarichi dirigenziali nella scuola, con attività progettuali di innovazione didattica e culturale. Ha incontrato giovani di generazioni diverse e li ha guidati nella crescita umana e culturale in un dialogo che continua vivace anche oggi, dopo che ha lasciato la scuola. E’ Presidente dell’Associazione Culturale “Laboratorio di creatività Daniel Zagni” ed esercita attività di volontariato nel commercio equo e solidale.

 

Il libro
paola prandi 1Un saggio che racconta un’esperienza di vita, di grande valore educativo per i ragazzi e i docenti: una testimonianza collettiva, un suggerimento di metodo, un ricordo vivo e fortissimo. La storia di un laboratorio teatrale in un liceo, la collaborazione degli studenti e il loro entusiasmo. Il figlio (Daniel Zagni ndr) di un regista famoso (Giancarlo Zagni ndr) che ripercorre la strada del padre, finché non viene colpito e vinto in giovane età da un male incurabile. Un collage di sensazioni e ricordi che si susseguono tra le righe dell’opera dalla Professoressa di adozione eretina, e che ricostruiscono un percorso lungo e intenso all’interno della scuola, quella scuola “possibile”.

 

L’insegnamento come scelta di vita consapevole
Cosa vuol dire essere un’insegnante per la Professoressa Prandi? “Una scommessa, spesso rischiosa – risponde – e soprattutto una grande responsabilità. Ho scelto questo lavoro consapevolmente, cosciente del fatto che è un ‘mestiere’ che non si abbandona mai: oggi sono in pensione, eppure insegno italiano a studenti stranieri. Insegnare è una passione – prosegue – un lavoro delicato a contatto con giovani menti che stanno crescendo, che si stanno formando. È importante – conclude – rispettare la loro individualità, la loro diversità, e permettergli di esprimere tutto ciò che hanno dentro”.

 

Dagli istituti del Nord alla periferia romana: cosa è stata Monterotondo?
“Avevo conosciuto una realtà differente e quando sono arrivata qui riponevo in questo cambiamento molta speranza: i ragazzi erano curiosi e disponibili, consapevoli dello svantaggio che vivere lontano dal centro città gli imponeva. Ho sperimentato con loro una voglia di emergere e conoscere che non avevo visto in altri studenti fino ad allora. Ricordo che facemmo l’abbonamento al Teatro Argentina, organizzandoci con due pullman nel pomeriggio; ma anche il Cineforum e le rassegne con il Cinema Mancini di Monterotondo, due allievi parteciparono addirittura nella giuria del Leoncino D’oro a Venezia. Monterotondo è stata una grande e continua sorpresa”.

L’incontro con Giancarlo Zagni e suo figlio Daniel: l’inizio di un progetto culturale nella scuola di Monterotondo
“Era novembre. Mi trovavo a Mentana, in Piazza S. Nicola – racconta la Prandi – e assistevo alla messa in scena teatrale elaborata da una coppia di registi: il primo, Giancarlo Zagni, il maestro; il secondo, suo figlio Daniel, che lo affiancava con grande professionalità nonostante fosse giovanissimo. Gli ho chiesto una collaborazione all’interno del liceo Peano e Giancarlo, mostrando da subito la sua estrema umanità, ha immediatamente accettato. Così il teatro è entrato nella scuola, diventando un paradigma educativo. Un progetto culturale portato avanti per ben dodici anni”. “Era un modello alternativo ad altri modi di aggregazione – interviene Luca, un ex allievo della Professoressa – un momento di semina che abbiamo raccolto solo dopo: un approccio nuovo, fuori orario, per niente pesante, anzi divertente”.

 

Un collage di testimonianze degli studenti eretini, tra le righe di una scuola possibile
“…Mi viene da pensare che forse non è un caso se circa dieci anni dopo l’esperienza del laboratorio di teatro al liceo, mi sono trovata a studiare lettere all’Università, mentre frequentavo la scuola del Piccolo Teatro di Milano…”.
“Ancora oggi ci penso e sono sempre più convinta che quella era la Scuola. È lì che ho imparato a lavorare in équipe, a mediare, a collaborare. Attraverso quell’esperienza cambiava il modo di vivere la scuola e l’insegnamento: il nostro andamento scolastico migliorava, studiavamo con più voglia, i professori collaboravano tra di loro e spesso facevano lezione insieme…”.
“…Il teatro, a prima vista disordine totale, caos e confusione, rappresenta invece un ordine nuovo a cui avvicinarsi; se non altro per un cambio di prospettiva… Il teatro ha rappresentato per me un ordine nuovo, ma ancor più una zona temporanea di autonomia e di autogestione: un modo di conoscere il mondo e se stessi…”.

 

Un’esperienza interrotta da un brusco cambio di poltrona: nuova dirigenza, fine dei laboratori teatrali
paola prandi 3“Con l’arrivo di questo nuovo dirigente – racconta la Prandi – che diceva di voler ristrutturare la scuola ma che, ahimè, ne destrutturava l’integrità, portare avanti il teatro fu praticamente impossibile. La prima mossa fu quella di mettere in competizione il nostro laboratorio con quello di drammaturgia francese: pochi soldi nel bilancio per queste due attività. Poi la ‘scomparsa’ degli scenari preparati dagli allievi e l’ostilità dei ‘piani alti’ nel trovare una location per lo spettacolo. Alla fine con grande fatica mettiamo in scena Goldoni al teatro S. Genesio e alla prima assiste anche Giorgio Albertazzi. Sapevamo che sarebbe stato l’ultimo anno. Così Giancarlo Zagni mando un messaggio di disapprovazione al dirigente scolastico, che pensò bene di votare una mozione per allontanare dalla scuola il nostro maestro. E ci riuscì. Quella fu la morte del teatro al liceo di Monterotondo. Una grande sconfitta in cui i primi a perdere furono proprio i ragazzi”.

 

Ieri il teatro, oggi i test Invalsi: qual è la differenza?
“Non è evidente? La scuola che ho vissuto io era uno spazio aperto, da vivere. Abbiamo faticato tantissimo per lasciare le strutture disponibili il pomeriggio. C’era l’idea di un’educazione umana e non fatta di numeri e test da superare, era importante investire sulle persone e non nelle cose. Durante le nostre attività curriculari, sceglievamo un tema e la didattica si sviluppava su quell’argomento specifico. Nel 2001 abbiamo elaborato il progetto “Il muro” poi messo in scena, con la collaborazione del Centro di Cultura Ebraica di Roma, organizzando anche un cineforum sulla Shoah. Avevamo in mente una scuola molto diversa da quella odierna”.

 

L’attività culturale a Monterotondo non si ferma e si chiama “Daniel Zagni Lab”
paola prandi 4L’associazione, di cui è presidente la Professoressa Paola Prandi, è un centro permanente di vita associativa a carattere volontario e democratico, la cui attività è espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo. Essa è apolitica, aconfessionale e non ha scopo di lucro e opera per fini formativi, educativi, ricreativi, culturali e solidaristici per il soddisfacimento di interessi collettivi. Si prefigge quale scopo istituzionale di dotare il territorio di Monterotondo e luoghi circostanti di uno spazio multiculturale, internazionale che realizzi laboratori teatrali, musicali, di fotografia e cinematografia, danza e tanto altro ancora.

Rara Piol

 

Il prossimo incontro, venerdì 18 dicembre, ore 19
Librinfestival vi aspetta per l’ultimo incontro dell’anno (ma non della maratona letteraria ndr) il prossimo venerdì 18 dicembre alle ore 19, per la presentazione del quinto libro in concorso “10 giorni e mezzo” (Edizioni dell’Anthurium) di Caterina Rinaldi. Appuntamento presso Arte in Circolo, in via Federici 137, a Monterondo.

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