Casellati “bruciata”, nel pomeriggio ci sarà l’astensione

La maggioranza non voterà nel pomeriggio per consentire ai segretari di trovare la quadra in una scelta condivisa

Elisabetta Casellati nel primo pomeriggio non è riuscita a raccogliere il voto dei suoi: tutto il centrodestra che si era dichiarato compatto su di lei per mostrare al resto delle Camere la loro compattezza. Si ferma a 382 voti quando ci si sarebbe aspettati settanta voti in più, solo raccogliendo tutti coloro che fanno parte dello schieramento che l’ha candidata. Un segnale positivo sarebbe stato se avesse, invece, raccolto qualche voto in più tanto da dimostrare una sua gradevolezza che invece non c’è nemmeno tra i suoi.

L’operazione non è riuscita. La presidente del Senato non raccogliendo neanche i voti della coalizione, ha mostrato la sfarinatura del centrodestra che rende impossibile alcuna logica di schieramento in questa elezione del presidente della repubblica.

Prima di iniziare la caccia al “franco tiratore” si va alla ricerca di una nuova convergenza, ma non è facilissimo. Almeno pare impossibile avvenga nel secondo scrutinio (momento in cui si sta scrivendo). La decisione allora è presentarsi allo scrutinio e non votare nemmeno.

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Al di là del gossip sugli accadimenti e sui voti di disturbo, nelle due Camere si deve pensare a un percorso che sia in coerenza coi grandi compiti che l’indomani dall’elezione del presidente ci si troverà a sostenere.

Sessantasei riforme. Centoventi risultati concreti e tangibili da dimostrare per avere quaranta miliardi di fondi europei. Ancor prima del presidente della repubblica bisogna pensare a questo percorso. Il presidente è in relazione a questo obiettivo, non indifferente. Ed è per questo che Mario Draghi sarà il prossimo presidente della repubblica perché solo da questa postazione preferenziale sarà in grado di dare una direzione indiretta alla conduzione del governo.

Ma chi fa politica ha paura di essere superato da chi ha prerogative più alte di quelle che riesce a muovere con la sua forza.

La direzione indiretta potrebbe superare il tempo determinato dell’uscita da questa crisi. E questa è una preoccupazione di chi fa politica ma anche di qualsiasi onesto democratico.

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Ma è vero che l’alternativa consiste nello sfarinamento delle forze che si evidenzierebbe in nuove elezioni dove si attesta sempre più la sfiducia degli italiani. Quindi qualsiasi soluzione deve essere quella che consente di uscire da questo impasse direzionale che è qualcosa di assai più concreto e tangibile di quello istituzionale tra i diversi comparti del potere legislativo.

È chiaro che la forza dell’esecutivo si può ritrovare solo nella conferma del quadro politico messo in piedi da Mario Draghi. Un presidente super partes, quindi, per una direzione super partes. E un dibattito parlamentare in grado di scegliere la strada dell’armistizio per le riforme fondamentali da fare (innanzitutto quella sulla giustizia amministrativa, il Consiglio Superiore della Magistratura, il sistema elettorale).

 

 

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