Preparandoci per Sanremo

Con uno sguardo a quarant'anni fa quando ciascuno si cantava tra sé e sé: "Vado al massimo!"

Primo febbraio. Lasciatici alle spalle la seccatura dell’elezione del presidente della repubblica e avendo confermato chi c’era per timore che potesse intromettersi nella festa di Sanremo, in Italia si inizia ragionare sulle cose che contano. Fiorello ci sarà solo per la prima puntata oppure accompagnerà Amadeus per tutta la kermesse di cantanti e comici? Vasco si convincerà a calare per celebrare i quaranta anni dalla sua prima apparizione a Sanremo con Vado al Massimo? Oppure preferirà fare il pensionato a casa, in poltrona? In questo caso sarà celebrato lo stesso? Perché chi non sta nell’evento non è l’evento. Sanremo non concede deroghe. C’è bisogno della presenza sul palco. C’è bisogno dell’empatia col pubblico. C’è bisogno dell’emozionalità diffusa. In sostanza, sono inaccettabili i collegamenti con interviste da remoto come oramai funziona in televisione durante i tempi del Covid. Questo perché Sanremo non è un evento televisivo, puro e semplice. Consiste in qualcosa che cala dall’alto ed entra nelle case di ciascuno di noi. Si pone come un’illuminazione divina dove il televisore non è il medium, il medium consiste nell’evento in sé. Ad essere celebrata è l’ostinazione nostrana di tradurre il mondo in canzonetta e così convincerci che è quella la versione giusta delle cose. Non si tratta solo di una composizione consolatoria della realtà. Sanremo vive e sopravvive attraverso le canzoni che si eternano, come fossero versi di Dante, e entrano a far parte del vissuto di ciascuno di noi. Impossibile starne fuori, giovani o vecchi, conformisti o no. C’è stato però un tempo in cui la critica radicale al mondo aveva preso il sopravvento e il Festival non era dato in tv. L’evento ostinatamente si celebrava all’Ariston e fu data solo la finale su Rai Uno. Erano anni arrabbiati. Erano periodi funesti quegli anni Settanta dove si doveva discutere anche su una canzone dalla rima troppo baciata, perché era troppo ruffiana, troppo qualcosa o troppo poco un’altra … “Quegli anni affollati per fortuna ve ne siete andati” come cantava Giorgio Gaber, non a Sanremo, però. Questo per dire che Sanremo ha resistito anche contro il vento della rivoluzione. Senza cantare vittoria anzitempo, anche il Covid lo sta archiviando. Fin quando non diventerà un ricordo da mettere in archivio anche questa edizione.

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