Libero!

Ma seicentosessantasei giorni di detenzione non saranno l’argomento utile per guadagnare l’assoluzione

Si apre ora un nuovo capitolo di cui non saranno solo gli avvocati della difesa ad occuparsi. È chiaro che il giovane Zaki è diventato un incidente diplomatico. La vicenda dello studente complica la già difficile situazione tra Italia ed Egitto, dopo il caso Regeni. Ma mentre il ricercatore universitario è stato eliminato in una situazione che è sicuramente sfuggita di mano ai poliziotti egiziani, Zaki vive e lotta insieme a noi.

Se le impressioni non ingannano appare molto più un capro espiatorio che un agente nemico. Serve a dimostrare che lo stato autoritario egiziano non fa sconti, ma, dopo la grande intermediazione diplomatica e la campagna di stampa internazionale, sa adottare le normative di uno stato di diritto.

La difesa non potrà adottare gli argomenti che arrivano dal buon senso e cioè: il ragazzo, avendo assimilato la cultura liberale europeo, vede come un atto spontaneo la critica sulla conduzione di uno stato-nazione. Sarà impossibile capire se quei messaggi sono stati scritti per convinzione, per ironia o invece girati da altri. Il diverso sistema di concepire il diritto e la liceità di un ragionamento critico sembra segnato dalla facilità e velocità con la quale un popolo fa veicolare i suoi messaggi, anche dal punto di vista individuale, anche se semplicemente lanciati, nonostante abbiano una vocazione puramente provocatoria.

Dovrebbero limitarsi a questi eventuali cenni critici, inaccettabili al governo egizio, le trovate di Zaki. E invece gli avvocati dovranno fare attenzione ai dettagli, al quando e al come, assai poco all’intenzionalità e molto all’effettualità delle parole.

IN questa condizione in cui la difesa si conferma difficile e dimostrata dai ventidue mesi di detenzione per un reato di opinione, la tentazione suggerita sarebbe quella di prendere un aereo e tornarsene a Bologna. “E al diavolo tutto il resto!” Ma questa fuga avrebbe soluzioni sempre gravose, per la famiglia per resta ma anche per le relazioni diplomatiche che significano tanti soldi e posti di lavoro che le commesse egiziane garantiscono alle nostre imprese.

A tutto pensava il povero Zaki, ora libero, che una critica al governo copto – vere o presunte che siano – toccassero una rete di implicazioni pazzesche. Tra queste non può sfuggire l’idea – ma solo l’idea – che la benevolenza su Zaki sia la merce per ottenere la rinuncia a capire ogni verità sul caso Regeni.

La globalizzazione ha anche questo aspetto: la connessione di vertenze tra stati partendo dalla semplice espressione di un pensiero.

 

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